La Berluscuola


Per la rubrica “dico la mia”, ospitiamo qui un articolo postato sul suo blog da Pierluigi Vito, già collaboratore centrale MSAC e direttore della rivista msacchina “Presenza & Dialogo studenti”.

La Berluscuola

di Pierluigi Vito

“Poter educare i figli liberamente e liberamente vuol dire di non essere costretto a mandarli a scuola in una scuola di stato, dove ci sono degli insegnanti che vogliono inculcare dei principi che sono il contrario di quelli che i genitori vogliono inculcare ai loro figli educandoli nell’ambito della loro famiglia” (Silvio Berlusconi, 26 febbraio 2010)

È questo uno dei diritti fondamentali dell’individuo secondo le parole di Silvio Berlusconi ai Cristiano Riformisti, in occasione del loro Congresso Nazionale, il secondo per l’esattezza (cavolo, ci siamo persi il primo!). Il nostro sedicente primo ministro prosegue quindi a denigrare e delegittimare le istituzioni della nostra Repubblica. Stavolta tocca alla scuola, luogo di produzione culturale, di formazione del pensiero, di inclusione nella cittadinanza.

Cultura, pensiero, cittadinanza: tutti temi chiaramente irritanti per l’autocrate dal telecomando d’oro. Il quale è o profondamente ingenuo o irredimibilmente ignorante o perniciosamente cinico nelle sue sparate: delegittimare la scuola pubblica in sé, vuol dire svuotarla dell’autorevolezza che ha mantenuto nel corso della storia italiana e -proprio nell’anno del 150° – rinnegarla come punto di riferimento unitario: ragazzi del sud e del nord, ricchi e poveri, chiamati a confrontarsi su una lingua, su testi, su programmi comuni, portando le loro diversità. Come bene ha detto stamattina su Radio3 Adolfo Scotto Di Luzio, (docente di Storia della scuola all’Università di Bergamo) la scuola pubblica italiana – con tutti i suoi limiti – è stata comunque per tante generazioni l’incontro con “l’estraneo culturale”.

Ovvero è stato il luogo in cui ragazzi abituati a sfogliare i libri delle librerie domestiche dei genitori si sono incontrati con chi non ne aveva mai visti in casa; il luogo in cui estrazioni, storie e visioni del mondo diverse si incontravano, si scontravano, crescevano. Il luogo in cui (almeno sulla carta, spesso nei fatti) il figlio dell’operaio e il figlio del professionista erano sullo stesso piano. Cosa detestabile per il nostro premier come egli stesso ha candidamente ammesso nel 2006, in uno dei faccia a faccia con Romano Prodi.

E proprio davanti a una platea cristiana, questo corruttore di avvocati e di costumi, in epoca di emergenza educativa, secondo le parole del Papa, decide di affondare il coltello nel corpo e nella dignità della maggiore agenzia educativa che qualunque Stato civile metterebbe al centro delle sue politiche. Il nostro non lo è.

Ma a questo punto occorre anche chiedersi che razza di Chiesa sia la nostra se accetta tutto ciò senza dire nulla, accontentandosi delle lenticchie che questo gerarca del bunga bunga è disposto a concedere. Un attacco del genere alla scuola pubblica, la scuola degli Italiani, De Gasperi, Dossetti, Moro e tanti altri politici democristiani che si batterono perl’art.33 della Costituzione non l’avrebbero mai tollerato. E noi quanto siamo disposti a tollerare?

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