Difendere l’istruzione pubblica

Noi nella pubblica istruzione ci crediamo. Punto.

“La scuola di Stato, la scuola democratica, è una scuola che ha un carattere unitario, è la scuola di tutti, crea cittadini, non crea né cattolici, né protestanti, né marxisti”. (Piero Calamandrei)

Le parole del Presidente del Consiglio pronunciate sabato scorso al congresso dei cristiano riformisti contro la scuola pubblica sono gravi. Gravi innanzitutto perché, sottointendendo una pretesa rivalità tra scuola statale e paritaria, mandano al diavolo  dieci anni di storia del Paese, da quando la legge del 10 marzo 2000 n. 62 sulla parità scolastica ha riconosciuto il contributo delle scuole private paritarie al sistema pubblico integrato di istruzione. Sono gravi, ancora, perché, se è pur vero che la libertà di scelta educativa da parte delle famiglie è un tema caro tra le istanze dei cattolici, non è affatto vero che questi odino o non siano pronti a difendere con convinzione il diritto costituzionale alla scuola pubblica. E se a qualcuno fosse venuto il dubbio, bastano a dissiparlo le parole del presidente della Conferenza Episcopale Italiana Angelo Bagnasco, che proprio ieri ha ricordato che “la Chiesa, come sempre, ha molta stima e fiducia nella scuola perché è un luogo privilegiato dell’educazione, tanto più che siamo nell’ambito del decennio sulla sfida educativa, che la Cei ha scelto. Quindi ci sta a cuore l’educazione integrale anche attraverso la scuola e in qualunque sede, statale o non statale, l’importante è che ci sia questa istruzione ma anche questa formazione della persona che è scopo della scuola a tutti i livelli”

Dicevamo, quelle di sabato sono parole gravi soprattutto perché sminuiscono una delle istituzioni fondamentali di questa Repubblica e spiace che siano state pronunciate proprio una delle maggiori cariche dello Stato. Nel 1967 quel meraviglioso appello che è Lettera ad una professoressa, scritto dai ragazzi della scuola di Barbiana, rivendicava l’istruzione e la scuola pubblica come il principale strumento di uguaglianza sociale e luogo strategico di formazione dei “cittadini sovrani”. Chiedendo l’attuazione del diritto allo studio per tutti, compresi i cosiddetti “cretini e gli svogliati”, i ragazzi di Barbiana, più volte rimandati agli esami, ricordavano: “è esattamente quello che dice la Costituzione quando parla di Gianni: Tutti i cittadini sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di razza, lingua, condizioni personali e sociali. è compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. (…) Per il babbo di Gianni l’articolo 3 suona così: “è compito della professoressa Spadolini rimuovere gli ostacoli…”

E parliamo adesso di loro, i professori, ma anche i dirigenti scolastici, gli operatori ATA e tutte le persone che con professionalità ed impegno abitano ogni giorno la scuola e hanno per santa missione, ogni anno scolastico, nonostante tutto, di farne un posto migliore. Parliamo anche degli studenti, che di coraggio ne hanno da vendere e che invece di fiducia ne abbisognano tanta e proprio nei loro docenti trovano gli educatori, i maestri, gli accompagnatori per la loro crescita di uomini e cittadini. “Ci sono tantissimi insegnanti e operatori  – le parole sono sempre di Bagnasco – che sappiamo che si dedicano al proprio lavoro con grande generosità, impegno e competenza, sia nella scuola statale che non statale. Quindi il merito va a loro”. Voce del verbo educare che nulla ha a che vedere con quell’altro, “inculcare”.

Svalutare il lavoro di questi prof e il percorso di studi degli studenti è grave. Affermare che la scuola statale, diritto e dovere costituzionale, sia una istituzione educativa di parte è altrettanto grave. Ma è ancora più grave che, ancora una volta, in pochi alzino la voce a difendere la scuola ed è grave che nelle file di questi non figuri l’attuale Ministro dell’Istruzione.

Ma per questo Paese centocinquantenario c’è ancora speranza se alla fin della giostra studenti e professori, uniti, insieme come solo sanno fare per le cose che contano, a dispetto di tutti i cliché che li vedono in eterno antagonismo, ricorderanno, ancora una volta e sempre con la stessa passione, che la scuola, la scuola di tutti, serve.

Saretta Marotta

segretaria nazionale MSAC