Il racconto della protesta

Da giorni e giorni si susseguono manifestazioni, proteste, occupazioni, autogestioni… Sui giornali si legge di tutto, ma noi come stiamo vivendo questi giorni di agitazione? Proviamo a raccontarci quello che sta succedendo nelle nostre scuole e come lo stiamo vivendo.

Incominciamo da Emanuela di Messina che in occasione dello sciopero di sabato ha scritto su Facebook:

“Lo sciopero di domani deve avere un senso. Prima di protestare contro le istituzioni, dobbiamo essere noi l’Istituzione con la i maiuscola. Prima di protestare dobbiamo renderci conto di quello che abbiamo fatto. Il motto di domani dovrà essere “ago ergo protesto”. Nel nostro piccolo, cos’abbiamo fatto? Se la risposta è positiva il senso vero della manifestazione sarà valido: nessuno ci può negare il futuro e gli strumenti per raggiungerlo. Nel caso in cui la risposta è negativa, domani deve essere il giorno dell’impegno. Ognuno può fare qualcosa. Perché siamo noi la scuola. Quella del Ministero è solo una forma, disastrata, questo è certo. Ma il cambiamento lo dobbiamo fare noi. E non si cambia qualcosa urlando contro dei muri, ma il cambiamento vero parte dai nostri banchi. Muniamoci di forza e coraggio!

Poi c’è Sofia di Lodi che scrive:

In questi giorni si è sentito parlare fin troppo di proteste organizzate da noi studenti, soprattutto per gli scontri violenti e inutili in cui sono sfociate. Sabato 24 novembre anche nella mia scuola, il liceo scientifico Giovanni Gandini con la sezione classica Pietro Verri, e in altre scuole di Lodi è stata organizzata una protesta, ma in giro per la città non si sono visti striscioni né cortei.

Ci siamo, invece, trovati nel cortile della nostra scuola per un’assemblea d’istituto autogestita, con l’approvazione del preside,  ma tenuta interamente da studenti. Il fine era quello  di informare sulle nuove riforme, di dare qualche idea sul perché si protesti e perché si debba farlo o meno, ma anche di discutere della nostra scuola, di cosa funzioni e di cosa no. Il microfono è passato nelle mani dei rappresentanti d’istituto e della consulta, di ragazzi che si erano appositamente informati e di chi, tra il pubblico, aveva qualcosa da dire.

Sicuramente non è stata perfetta, il preavviso era stato breve, ci sarebbe dovuta essere una maggiore preparazione da parte di chi ha parlato e un’organizzazione migliore del tempo (considerando che dopo due ore non si vedeva più nessuno al microfono e abbiamo dovuto aspettare la fine della mattinata).

Però credo sia un segno importante. Prima di tutto si è partiti dalla scuola vera e propria per parlare della scuola generale, di quello che sta cambiando. Poi perché non è stato un semplice momento di protesta in cui si urla contro tutto e tutti senza trovare un vero obiettivo, ma è stato almeno un tentativo di informazione vera.

Perché gli studenti stessi si sono accorti che andare in giro con uno striscione senza idee formate e personali che lo sostengano non porta a nulla.

2 pensieri su “Il racconto della protesta

  1. Don Rocco Barra

    Diceva don Milani: “La scuola ha un problema solo: i ragazzi che perde”. E proprio per questa ragione, che perdiamo i ragazzi a causa dei tagli che la scuola. Queste manifestazioni per quanto “giuste” o “ingiuste” che siano, manifestano un malessere generale e condiviso. Possibile mai che non si può avere un tavolo a cui sedersi e poter ragionare? Ed ammesso che ci fosse, siamo sicuri che si ha la responsabilità del bene dei ragazzi e della loro formazione. ancora il grande don Milani diceva che “il sapere serve per darlo”, ma oggi sembre che il “sapere serva per tagliarlo”. Oggi il sapere è frammentato in mille pezzi, ognuno dei quali preso da solo è una grossa palla al piede e la scuola un carrozzone da portare avanti a colpi di scure. se crolla la scuola crolla la società e si eleva la criminalità. Dopo queste giornate di protesta, tanti genitori cosa faranno? Già ci sono alcuni studenti che in cuor loro hanno deciso di mollare la presa ed aspettare i fatidici 16 anni per interrompere gli studi. La scuola perde; diciamolo con franchezzali gli alunni sono i nostri veri datori di lavoro (dei docenti) e lo stato è il nostro amministratore. Se lasciamo soli i ragazzi, questi ci abbandoneranno prima o poi e queste giornate di tensione saranno dimenticate per fare spazio all’amarezza che ancora una volta la scuola perde, facendoci perdere quello che di bello e gratificante si ottiene nei nostri istituti al di la del profitto e cioè stabilire relazioni! Buona vita a tutti.

  2. Luca Cristiani

    A SCUOLA, ANCHE DI DOMENICA!

    I cancelli di una scuola superiore aperti di domenica e degli striscioni con su scritto “AUTOFINANZIAMENTO”: è questa la notizia, è questo il passo successivo alla protesta! Trento, domenica 25 Novembre, la prima delle cinque definite “calde” per le festività natalizie; il centro storico affollatissimo, posti auto impossibili da trovare e dei ragazzi, degli studenti con delle “P” sul petto girano per le vie nelle vicinanze della loro scuola, APERTA di domenica. Non ci aveva ancora pensato nessuno forse, loro invece si sono riuniti e, senza alcuna associazione alle spalle, hanno chiesto alla scuola e al comune le autorizzazioni per “occupare” il parcheggio, custodire le auto (non “a pagamento” ma con “offerta libera”) e stare tra le mura scolastiche anche l’unico giorno in cui non dovrebbero, pur di racimolare qualche soldo per sopperire ai tagli fatti alla loro scuola e cercare di renderla un pò più dignitosa, fornendo allo stesso tempo un servizio utile a cittadini e turisti.

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