Tetto al 30%

Invece di andar contro sistematicamente ad ogni cosa esca fuori dal palazzo in viale Trastevere, ogni tanto ci toccherebbe star zitti e zittire le polemiche, e mettere al lavoro il cervello.

Qualche tempo fa a proposito degli stranieri a scuola ci fu la proposta delle classi d’inserimento, presto chiamate le “classi ghetto”, che avrebbero dovuto convogliare tutti gli stranieri impossibilitati per barriera linguistica a seguire i programmi didattici delle “classi normali”. Anche noi ci siamo fortemente opposti a quella proposta (la mozione Cota), a nostro parere olezzante razzismo e poco lungimirante. La scuola italiana è famosa in Europa per il suo modello di integrazione degli stranieri, che non li vede separati dagli altri ma integrati nella classe, proprio per stimolare maggiormente gli alunni stessi ad un più veloce apprendimento della lingua ed a una migliore educazione alla convivenza interculturale.

Ora però si denuncia come razzistico anche il provvedimento Gelmini di prevedere un tetto massimo (del 30%) degli alunni stranieri in ciascuna classe. Riflettiamo.

Ci vuole equilibrio. se è interessante e stimolante la presenza multiculturale tra le mura di un’aula, questa non deve superare certe proporzioni, proprio perchè non venga superato quel limite per cui ai vantaggi si sostituiscono gli scompensi di una didattica sicuramente rallentata da problemi linguisitici e di integrazione che altrimenti si porrebbero in minor misura.

Ancora una considerazione. In Italia ci sono moltissimi esempi di scuole virtuose, in cui fortissima è la presenza straniera proprio per ottimi modelli di didattica integrata, ricezione della diversità, dialogo interculturale e multilinguistico. Altre, molte altre purtroppo, su questo piano sono molto indietro. Ma cosa accadrebbe se, per un normale meccanismo del passaparola, in quelle scuole si concentrasse la presenza straniera sgravando le altre, deresponsabilizzandole da compiti che comunque dovrebbero assumere? Le scuole virtuose finirebbero per non esserlo più, a causa della rottura del virtuosismo degli equilibri. Al contrario le scuole pigre si atrofizzerebbero nella loro incapacità di recepire la presenza di alunni stranieri. Le prime allora diventerebbero sì scuole ghetto. E pensate al rischio , senza un tetto alla presenza di stranieri, che nei singoli istituti si formino per prassi naturale “classi ghetto”, in cui mozione Cota o no, verrebbero concentrati tutti i “didatticamente indesiderabili”

E’ giusto allora prevedere dei limiti, delle proporzioni.

Ma… come è buona norma per tutto ciò che di umano si trova sotto il sole, “cum grano salis”.

La soglia del 30% non deve diventare un vincolo più dannoso del rischio che vuole evitare. Non si può pensare, per esigenze di percentuale, che degli alunni stranieri vengano sbattuti di istituto in istituto, a kilometri di distanza, per la burocrazia della norma. Vanno pensate e regolamentate le eccezioni, che ogni buona norma deve avere. Elasticità sia il criterio d’ispirazione per tutti

voi che ne dite?

4 pensieri su “Tetto al 30%

  1. Pierangelo

    Cum grano salis dico che i bambini, i ragazzi, i giovani, sono tutti uguali, senza distinzione di razza, colore della pelle, religione, sesso, nazionalità. E che se pongo un tetto del 30% agli stranieri, domani porrò un tetto di un altro percento agli asini, ai meridionali, ai bassi, ai biondi, ai mancini…

  2. saretta

    caro papà di letizia indolfi,
    Mi permetta di dirle che la sua è una posizione di principio che nulla ha a che vedere con la didattica scolastica.
    Siamo tutti d’accordo sul fermo no al razzismo ed essere biondi non è la stessa cosa che parlare una lingua diversa,naturalmente nel contesto di un’aula scolastica. Siamo d’accordo che la scuola italiana non gode di buona salute e i segnali del suo governo non sono incoraggianti.ma criticare questo provvedimento x opposizione ideologica o per partito preso è sbagliato.i tetti alla presenza di alunni di altra lingua in classe ci sono sempre stati e anche berlinguer ha pubblicamente difeso in questi giorni il provvedimento del ministro gelmini.permetta che più di me o di lei giudichino questo provvedimento i docenti,gli studenti,gli stessi alunni stranieri(cerchi sul web il sito delle seconde generazioni).
    Mi creda,la mozione cota mi è sembrata personalmente odiosa e da sempre il msac scommette sul dialogo interculturale.ma proprio per questo obiettivo vanno cercate le strategie più giuste.ripeto, va salvaguardata nelle classi la proporzione tra alunni della lingua di insegnamento e alunni che parlano una lingua diversa,proprio perché funzioni la virtuosa strategia “d’integrazione” del modello italiano di insegnamento agli stranieri,che non li vede in classi separate ma pienamente partecipi all’attività didattica ordinaria.
    Tra l’altro il “tetto” serve anche a contrastare la tendenza di certi presidi a creare “classi ghetto”nelle quali segregare stranieri e,come dice lei,asini…

  3. Mainer

    Al MSAC di Ferrara tenteremo di elaborare un’inchiesta su questo argomento, perchè l’argomento è molto importante…
    C’è il rischio, infatti, che la ghettizzazione non sia quella di impedire ad uno straniero di stare in una classe, ma quella di fare classi di soli stranieri.
    Si potrebbero quindi sviluppare tendenze (già presenti in Europa) a selezionare alcune classi e alcuni istituti perchè ospitino principalmente o esclusivamente stranieri, il che per l’integrazione è un male e non un bene.

    Oltre all’uguaglianza “formale” di non vedersi esclusi dalla classe, deve esistere anche l’eguaglianza “sostanziale” di vedersi date pari opportunità anche se ci si trova in condizioni di partenza di svantaggio, e una scuola che ti sprona ad integrarti può realizzare questa uguaglianza sostanziale.
    La domanda non è tanto SE un tetto percentuale sia giusto, ma QUALE tetto percentuale sia giusto e soprattutto se esista un tetto percentuale adatto a rappresentare bene TUTTA LA NAZIONE.

    Gli scontri di Rosarno ci devono insegnare che le politiche per l’integrazione devono essere sapienti e rispettose. Speriamo di poter essere protagonisti di una multiculturalità all’avanguardia, cioè rispettosa della persona umana ma anche in grado di promuoverla intelligentemente.

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