Didattica

Perché ancora una riflessione sui saperi

Il terzo “cantiere” della Mo.CA si occuperà di “DIDATTICA”, intendendo quest’ultima in senso ampio, dalla formazione e reclutamento degli insegnanti fino alle indicazioni nazionali per una prossima riforma dei saperi. Sono in corso di approvazione presso il Ministero dell’Istruzione i decreti attuativi del Piano programmatico per la scuola previsto dall’art. 64 della legge 133 di questo autunno. Si procede quindi ad un riordino degli indirizzi e del monte orario di ciascun ordinamento di studi, ma riteniamo che questo non equivalga alla sospirata riforma dei saperi che da troppo tempo attendiamo. Il ridimensionamento degli orari e la redistribuzione, con conseguente aumento, degli alunni per classe può certo influenzare fortemente la qualità della didattica, ma ciò a cui è sempre più urgente procedere è l’ideazione di “indicazioni nazionali per la scuola secondaria”. In pratica, la definizione dei “saperi” che la scuola italiana è chiamata a trasmettere ai propri studenti.

Riteniamo che non sia più possibile procedere all’aggiornamento dei programmi “per addizione”, aggiungendo contenuti e tecniche “innovativi” al programma, o materie “attuali” a fianco a quelle “classiche” per fare la scuola moderna. Basti l’esempio della storia, per la quale il carico di elementi da “aggiungere” aumenta in modo direttamente proporzionale agli anni che allungano la storia dell’umanità e per la quale troppo spesso non si arriva che nell’ultima infilata di mesi prima dell’esame di stato alla tanto attesa (e fondamentale) storia del novecento.

Il fallimento della procedura “addizionale” dimostra che quello che serve è una procedura di “sintesi”. La scuola non ha da “riempire” la testa degli studenti di contenuti e conoscenze il più possibile aggiornati, ma ha da dare la “chiave” (“il sapere è la chiave che apre tutti gli usci”, diceva don Lorenzo Milani) perché il processo di formazione continui anche fuori dalle mura scolastiche, in un processo di formazione continua che insegni ad applicare il sapere alla vita, non in senso strumentale, automatico, utilitaristico, ma come criterio di elaborazione ed interpretazione della realtà in cui si è immersi.


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