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Sentenza della Corte europea: l’Italia deve assumere 250mila docenti precari. Cosa significa?

di Andrea Facciolo

Mentre la consultazione su “La buona scuola” è ormai alle battute finali (a breve sarà online il “Manifesto della buona scuola” del Msac nazionale!), un’altra notizia colpisce la scuola italiana. La Corte europea di giustizia, infatti, ha emesso oggi una sentenza che potrebbe avere molti risvolti: la Corte ha stabilito che devono essere assunti i circa 250.000 insegnanti precari che, tra il 2002 e oggi, hanno lavorato nella scuola per almeno 36 mesi (ovvero 3 anni) con contratti a tempo determinato.

foto-Scuras

Sono state molte le reazioni dei sindacati degli insegnanti e anche dei partiti politici; in particolare diversi sostengono che questa sentenza potrebbe essere applicata anche per altri lavoratori precari della scuola (per esempio il personale ATA) o dell’ intero settore pubblico.
Intanto gli insegnanti precari che possiedono i requisiti previsti dalla sentenza potranno anche chiedere che lo Stato gli riconosca un risarcimento e gli scatti di anzianità maturati nel corso degli anni: secondo alcuni calcoli lo Stato potrebbe dover sborsare tra i 20.000 e i 30.000 euro per ogni precario.

Come sappiamo ormai bene, nel documento “La buona scuola” il governo aveva proposto l’assunzione di 150.000 docenti precari delle graduatorie a esaurimento: questa sentenza amplia notevolmente il numero degli insegnanti che potrebbero beneficiarne, ma pone anche il problema delle risorse economiche che dovranno essere reperite per far fronte a questo impegno.

È infatti fondamentale che gli investimenti per l’istruzione non siano  destinati solo al piano di assunzioni: come viene detto anche in “La buona scuola”, i nostri istituti hanno bisogno di tanti investimenti a partire dall’edilizia scolastica, per poi andare alla qualità dei laboratori, al finanziamento delle esperienze di stage e alternanza scuola/lavoro, al potenziamento delle attività integrative come i corsi pomeridiani…

Staremo a vedere come si evolveranno le cose. Di certo, questo è un ulteriore segnale che per troppi anni in Italia la scuola è stata gestita male; e che un cambiamento non si può più rinviare.