In questi giorni è stato presentato il nuovo rapporto OCSE sul “benessere degli studenti” (per chi, amante dell’inglese e di grafici e report, volesse leggere il rapporto integrale lo trova qui) che restituisce un quadro in chiaro scuro della situazione degli studenti del nostro Paese.
Se l’OCSE dovesse descrivere con quattro caratteristiche noi studenti italiani darebbe queste coordinate:
- sufficientemente soddisfatti della nostra scuola;
- caratterizzati da un’ansia di prestazione superiore alla media;
- forti consumatori di internet;
- abili nello stringere amicizie.
Un altro dato che emerge é però anche quello di un significativo sostegno da parte delle famiglie agli studenti impegnati nel loro percorso scolastico, anche se ciò, secondo diversi prof. non sempre porta a risvolti positivi.
Questo quadro non molto confortante riporta l’attenzione su tematiche come la Valutazione e la cura dello Studente che abbiamo affrontato nel nostro Documento Congressuale nazionale e che abbiamo discusso con i responsabili di tutti i circoli msacchini qualche settimana fa a Calenzano:
La valutazione serve per aiutare a migliorre
Il sistema della valutazione non può ridursi alla semplice assegnazione di un giudizio numerico, ma deve porre l’accento sul processo di apprendimento del singolo studente e sulle competenze che acquisisce nell’arco della sua carriera scolastica. Questo perché ci sta a cuore il percorso di formazione e non il semplice risultato. Invece la deriva a cui assistiamo è di un’ossessione valutativa e dell’uso improprio della parola “meritocrazia”, che sempre più tende a porre un divario tra le eccellenze e il resto degli studenti. Vogliamo una scuola che riesca a cogliere nella valutazione le effettive potenzialità del singolo studente e renda merito alle abilità conseguite. In questo modo si valorizza il piacere stesso di conoscere, si riduce l’ansia da prestazione, e anche il fallimento diventa parte fondamentale nel processo di formazione, senza essere demonizzato o non contemplato nel percorso di ciascuno studente.
Cura dello studente come persona
Lo studente è una persona che si trova a vivere un periodo evolutivo delicato ed estremamente
difficile, contrassegnato da un percorso di crescita pieno di cambiamenti. La difficoltà principale negli anni della scuola sta nell’essere se stessi, nel capire chi si è e realizzarsi seguendo le proprie aspirazioni. Nei nostri istituti accadono di frequente episodi che manifestano situazioni di disagio e fragilità. Spesso le cronache parlano di fenomeni di bullismo e cyberbullismo, di omofobia, di razzismo, di utilizzo di droghe e sostanze stupefacenti all’interno delle scuole o comunque da parte di studenti. Di fronte a questi eventi, come studenti di Azione cattolica siamo spinti a interrogarci. Guardiamo a tutte queste situazioni senza giudicare, ma con l’interesse sincero di farci prossimi a chi soffre. Sappiamo che il mondo non è diviso tra buoni e cattivi. Come diceva il pensatore scozzese Ian McLaren: “Ogni persona che incontri sta combattendo una battaglia di cui non sai nulla. Sii gentile, sempre”. Ci avviciniamo con rispetto e in punta di piedi alle situazioni di malessere, che riguardano chi è vittima di violenze o prevaricazioni, ma spesso anche chi ne è autore. A tutti gli studenti, specialmente a chi vive un momento di fatica nella vita, desideriamo testimoniare quella gioia di vivere che è il dono più profondo della nostra fede: non vogliamo imporre il nostro stile e il nostro credo, ma camminare a fianco di tutti i fratelli che incontriamo a scuola.
Leggere il rapporto OCSE ci fa correre con la mente all’esperienza impegnativa, ma sopratutto edificante, che gli studenti di don Lorenzo Milani ci hanno raccontato durante la visita a Barbiana al termine del nostro XVI Congresso nazionale.
La scuola di Barbiana ci ha costretto, e ci costringe tutti i giorni, a riflettere sulle nostre scuole. Magari partendo proprio da quel dato positivo sulla facilità con cui riusciamo noi studenti italiani a stringere amicizie e a creare legami.
Eleanor Roosevelt una volta ha detto “Il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri sogni” e noi a Barbiana si può dire che abbiamo visto una scuola da sogno, in cui studiare non era una fatica, non creava ansia ma era un piacere e generava stupore.
Oggi probabilmente occorre che, continuando a sognare la scuola di don Lorenzo, ci facciamo promotori di una piccola rivoluzione silenziosa, che parta da noi stessi (tanti di noi si riconosceranno in tutto o in parte nell’opinione degli studenti intervistati) e punti a riscoprire il vero senso della scuola: conoscere, appassionarsi, scoprire se stessi e i propri doni, scoprire il nostro posto speciale nel mondo… e fare tutto questo nella gioia di essere insieme in un classe di amici, non di competitori a cui importa solo ricevere un numero svuotato di significato.
Da questo processo che riguarda ognuno di noi nascono e vengono portate avanti anche proposte e richieste per cambiare l’impianto Normativo e i metodi di valutazione/di accompagnamento dello studente nella nostra scuola che il MSAC, ormai da diversi anni, propone al MIUR e alle commissioni parlamentari.
Tutte queste proposte però trovano pochi risconti nella vita quotidiana se non siamo noi studenti a lavorare su noi stessi e con i nostri professori, genitori e compagni.
La pubblicazione del rapporto OCSE ha anche avuto il merito di riportare all’attenzione della pubblica opinione queste tematiche e anche tra noi msacchini hanno arricchito il dibattito, già innescato dalle proposte contenute nel Documento Congressuale; ecco quindi alcuni interventi di msacchini delle diverse diocesi italiane
Cosa penso dell’ansia a scuola? Ogni giorno molti studenti entrando in aula non sono sereni, hanno paura. La scuola ci mettein condizione di essere costantemente giudicati dai professori che hanno pieno potere e possono cambiare, con un solo voto, molto nell’interiorità di un ragazzo.
Io, in qualità di studente, non posso più crescere in un clima mite e libero perché l’attenzione scolastica principale è stata spostata dalla mia crescita e dalla mia cura, a un risultato numerico che determina chi io sia per la scuola e a volte anche per me stesso. Questo provoca gravi sentimenti di inadeguatezza e ansia nei ragazzi che si sentono obbligati sempre a fare il massimo e a non poter sbagliare per non essere puniti con un brutto voto che potrebbe tradursi in un debito formativo a fine anno e, nel peggiore dei casi, nella bocciatura.
Il sistema di valutazione e l’ambiente scolastico dovrebbero essere completamente diversi: vorrei che percepissimo il professore come un adulto presente per aiutarci a soddisfare la nostra curiosità e per sostenerci con la sua esperienza nel nostro percorso formativo. Invece oggi, spesso, i ragazzi hanno paura dei docenti o li vedono come figure distaccate che non hanno a cuore i nostri bisogni e le nostre debolezze. Se ci fosse più consapevolezza di avere un fine comune nella scuola, ossia quello di formarsi insieme e quindi di accettare i fallimenti come stimolo per fare meglio, non come punizione per non essere riusciti, allora noi studenti non avremmo più tutta questa ansia. Ci sentiremmo apprezzati e compresi da professori con i quali potremmo instaurare un dialogo costruttivo, creando così una scuola più umana e propositiva, che tenga conto della particolare bellezza di ogni studente oltre che del suo voto.
Nicolò Cefalo, Segretario diocesano Msac di Albano
Il problema dell’ansia tra gli studenti, oltre sicuramente al fatto che alcuni prof tendano più a volerli intimorire che non ad appassionarli, sta anche in come alcuni (anche se, stando all’Ocse, non pochi) vivono lo studio: non come crescita umana e come cittadini, ma come sistema per essere giudicati in base a un voto. Il fine del nostro studio deve andare oltre la caccia a un voto, ma deve portare a uno scopo più alto. Il sapere serve solo per donarlo, come scrivevano gli studenti di Barbiana 50 anni fa.
Gianluca Nunziante, Incaricato regionale Msac Campania
Noi studenti siamo tendenzialmente portati ad avere una percentuale di ansia prima di compiti in classe ed interrogazioni che ci spinge a fare sempre meglio. Ma, per ciò che vivo ogni giorno, questo tipo di sentimento diventa quasi un simbolo che marchia lo studente e si riflette infine nei modi di fare, non solo a scuola. Guardando la mia classe mi chiedo quanto l’essere “i migliori” soddisfi sempre un ragazzo. Delle mie amiche non dormono sui libri la notte e stanno male prima di un compito o di una interrogazione molto importante, solo perché quest’ansia le logora e le condiziona così tanto da non farle dimenticare che lo studio non è solo imparare mille formule o cent’anni di storia; la scuola è il luogo dove noi studenti possiamo dare sfogo alla nostra persona! Ma in questo i professori non ci aiutano, anzi, spesso sono i primi a non congratularsi mai con noi studenti, anche quando i risultati parlano.
Ma alla fine quanto può davvero contare un numero quando si perde il valore di un ragazzo?
Martina Zagaria, Segretaria Msac diocesi di Andria
I dati OCSE evidenziano come gli studenti italiani siano i più ansiosi in Europa. Credo che questo sia vero solo in alcuni casi: se infatti ci sono studenti che vogliono eccellere, ma non riescono a sostenere il peso della competizione, c’è anche chi fa poco e alla fine dell’anno decide di darsi da fare per evitare i debiti.
Purtroppo i voti non sono l’unico motivo di ansia negli studenti. Continuando a leggere i dati OCSE si scopre che in Italia troviamo le famiglie che si interessano di più in Europa all’attività scolastica dei loro figli. Ciò si direbbe un bene, se i genitori, come spesso accade, non avessero troppe aspettative nei risultati dei figli, tanto da spronarli a dare sempre il massimo, senza tener conto che certi risultati potrebbero non essere nelle loro capacità. Ci sono genitori che davanti alle insufficienze dei figli vanno direttamente dal dirigente, protestando perché, a loro dire, “è colpa dei prof”. Aiuterebbe invece di più il dialogo diretto.
Tornando a guardare i dati OCSE troviamo un altro dato positivo: gli studenti italiani pur essendo i più ansiosi sono quelli che socializzano più facilmente tra i banchi di scuola. Del resto Leopardi già ce lo anticipava: nelle avversità e nel dolore gli uomini per natura sono portati a unirsi formando una “social catena” per sopportare meglio i mali della vita. E quale male più grande per uno studente di trovarsi a scuola? Scherzi a parte, per alcuni studenti, la scuola è quasi una condanna. Per quanto magari capiscano l’importanza dello studio, o per quanto una materia piaccia o meno, andare a scuola per molti è un peso, e tra le poche cose che riescono ad alleggerire questo peso sono, appunto, le amicizie tra banchi.
Infine l’OCSE sottolinea come gli italiani siano tra gli studenti che navigano di più in Europa. Potrebbe sembrare il massimo. Il problema però non è tanto il tempo utilizzato sugli apparecchi digitali, ma il modo. Infatti sempre più assorbiti dai contenuti dei social, i ragazzi non riescono a sfruttare appieno le potenzialità delle macchine utilizzate.
Edoardo Sinigaglia, Incaricato regionale Msac Triveneto
Vogliamo sapere i pareri di tutti gli studenti d’Italia: vi riconoscete nei dati emersi? La pensate diversamente? Lasciate il vostro commento #iopartecipo #ansiaeamicizia #ditelavostra