Neanche il tempo di preparare lo zaino ed ecco che una serie di provvedimenti in materia di istruzione sono approvati dal consiglio dei Ministri.
Gli interventi non riguardano solo le scuole: non si parla solo di docenti, del sistema di reclutamento, di valutazione, ma anche di università e dei nostri enti di ricerca. Potete leggere un resoconto degli interventi previsti cliccando qui.
Alla MoCa di Aprile ne avevamo iniziato a parlare perchè è un tema caldo con cui a volte ci si scotta. Ci stiamo riferendo alla valutazione, anzi la cultura della valutazione! Avevamo iniziato una riflessione che è sicuramente da portare ancora avanti e da approfondire. Ecco allora che vi proponiamo la lettura di quest’articolo, apparso oggi su Repubblica e firmato dalla scrittrice ed insegnante Mariapia Veladiano. Aspettiamo i vostri commenti!
E poi bisogna anche parlare dei voti. Perché se i test non hanno vita felice qui da noi in Italia, e il perché lo ha raccontato per bene Stefano Bartezzaghi domenica, poi però tutti i test, proprio tutti, diventano numeri che danno idoneità, promozioni, accessi all’università o a selezioni. Sì e no ai nostri progetti di vita. Un test è un bivio: di qua o di là. Per questo non può essere sbagliato, sciatto, ambiguo. E anche quando è perfetto, è solo un puntino nello scorrere dei giorni e delle esperienze di una persona. Niente di più. Dovrebbe. Soprattutto a scuola, dove i test dilagano, importati all’ingrosso dal mito dell’oggettività del valutare. E diventano voto.
E allora parliamo del voto. E quindi della valutazione, della scuola che vogliamo, del mondo in cui viviamo. Tutto si tiene quando si parla di scuola e di ragazzi.
Dopo decenni ormai di letteratura sulla valutazione, il voto incendia sempre ancora le discussioni più scomposte. È così sovraccarico d’altro che quando è negativo per legge sparisce dai tabelloni finali, quasi che l’insufficienza a scuola sia stigma di insufficienza personale e umana di fronte all’universo mondo. E a volte, lo sappiamo, capita qualcosa che non può nemmeno essere nominato. Eppure i giornali devono scriverne. C’è chi, giovanissimo, prende un brutto, bruttissimo (troppo brutto?) voto a scuola e poi ci lascia. Lascia la sua vita.
Sotto quale cielo può capitare questo? Se la vita è altrove – sta scritto nei diari di scuola pieni di tutto: foto, ritagli, lettere, poesie, canzoni, fiocchi di regali, che sporgono colorati, di tutto tranne cose di scuola – allora perché il voto cattivo può per un momento magari, solo un momento, diventare il mondo che si rovescia addosso?
Dei ragazzi spesso non sappiamo nulla. Ostentano quel che non sono per nascondere meglio quel che vorrebbero essere. Dopo la tragedia si dice: ma come si fa? La scuola non può farsi carico di tutto. Ed è così.
Ma valutare è uno dei suoi compiti, serve a capire se il passo di chi insegna è giusto, se chi apprende lo sta facendo, a certificare al mondo che un percorso è compiuto davvero, che ci si può fidare, che quel diploma racconta ciò che i ragazzi sanno e sanno fare e che anche grazie a questo sapranno diventare quel che desiderano.
A scuola la valutazione incrocia tutto intero il tempo in cui i ragazzi esplorano ancora intatte tutte le loro possibilità, cercano conferme del loro valore, hanno paura di non trovarle. È la formazione del sé. Un momento benedetto. In cui ci vuole tempo, spazio per l’errore, e per rimediare all’errore. La valutazione degli apprendimenti, e oggi delle competenze, accompagna questo periodo e pur in una cornice che deve essere definita, chiara, rigorosa e comune, la scuola deve sempre sapere che la vita sorprende, che tutto può accadere, nel bene e nel male. Il voto è solo lo strumento che ci siamo dati per comunicare fra professori, ragazzi, famiglie, mondo. Non è nemmeno così necessario, almeno all’inizio. La scuola trentina prevede che nei primi quattro anni delle elementari i bambini siano valutati per aree di apprendimento.
Non ci sono voti per le singole discipline. A dire che il processo che porta un bambino ad avere gli strumenti per valorizzare le proprie attitudini è meravigliosamente unitario. E non ci sono i voti fino alla terza media. Ci sono giudizi. Articolati ma non bizantini, poche voci che dicono come e cosa è accaduto. Vien così meno la tentazione di quella contabilità lineare della valutazione che i ragazzi delle superiori consegnano a volte all’ultima pagina (il valore simbolico degli spazi!) dei loro diari: cinque più, sei e mezzo, quattro, sei = 5,44. Sarà sufficiente o no? Versione artigianale di certi fogli di excel che invece capita siano i professori a compilare. Ma lo sappiamo che questo non è valutare. Nella didattica modulare, se la verifica mostra che i contenuti del modulo sono stati fatti propri, il voto va a sostituire quello eventualmente negativo nella verifica precedente. Il modulo è appreso. Il brutto voto è rimediato. La recente riflessione sulla valutazione autentica chiede verifiche che mettono in gioco la scuola e la vita, e portano lo studente a misurarsi con quesiti di realtà.
Lo sappiamo ormai che la valutazione è un processo di osservazione, interazione, che chiede tempo e trasparenza e tanta tanta fiducia. Reciproca. Lo studente che si fida, perché ha visto già molte volte che tutto è equo e chiaro: richieste, criteri, modalità di recupero. L’insegnante che si fida dello studente, gli dà credito: di poter migliorare, poco a poco, perché la fiducia dell’altro attiva la fiducia in se stessi. Ai ragazzi la scuola importa, eccome. Nelle aule costruiscono la rete di fiducia in se stessi e negli altri che permetterà loro di resistere anche alle sconfitte.
Certo, poi alla fine c’è un voto. Una sintesi, un punto in cui si concentra tutto il processo. E allora, alla fine, si può parlare del voto. Al riparo dalla carica emotiva perché il voto è anche potere: quanta letteratura e quanta esperienza ce lo hanno raccontato? Al riparo dalla carica ideologica perché la scuola è oggi luogo di battaglia politica e nella furia del dibattere si vorrebbe far credere che i voti bassi aiutino la qualità e il merito.
Non è così. Il Trentino registra l’eccellenza nei test Invalsi e nelle indagini internazionali Ocse-Pisa. Eppure il Regolamento di valutazione della scuola trentina non permette voti sotto il 4 nelle pagelle delle superiori. Dietro c’è una riflessione pedagogica precisa: allo studente si dà un messaggio chiaro, sufficiente a bocciarlo se serve, niente di più.
E infatti poi il Regolamento impedisce quella finzione iniqua che è data dai sei necessari a essere ammessi all’esame di stato come invece capita nel resto dell’Italia. I 4 restano e fanno media vera. Trasparenza, anche qui. Perché la valutazione ha assoluto bisogno di avvenire in un contesto di giustizia. E allora i voti minuscoli, tre due- uno ( zero meno, in una fulminante battuta dei Peanuts) non sono necessari, non fanno bene e possono invece fare male. Inutile lasciarli visto che l’autonomia delle scuole permette altre strade condivise.
Questa è la scuola. Poi c’è il mondo. Se noi consegniamo ai ragazzi un mondo in cui la violenza delle parole, dei rapporti, dell’ingiustizia sociale è normale, accettata e inevitabile, in cui nei film, nei libri, nella realtà la violenza fisica è una strada possibile, quasi ordinaria di risposta all’offesa vera o presunta, o solo equivocata, allora certo un ragazzo può pensare che anche la frustrazione di un voto negativo può essere risolta con la violenza. Contro di sé. Anche il mondo c’entra, eccome. E così certamente no, la vita dei ragazzi non è mai altrove.
No, non è un errore. Il Ministro Profumo non ci sta facendo gli auguri di buone vacanze con 2 mesi di ritardo. E’ solo che quest’anno le vacanze saranno davvero brevi per i Ministri della nostra Repubblica!
Ieri dunque sul sito del MIUR è apparsa questa lettera del Ministro che, alla vigilia dell’inizio delle sue vacanze (prossimo consiglio dei Ministri già convocato per il 24 Agosto), cerca di fare brevemente il punto sulle cose fatte finora. Certo sono segnalate solo le misure andate a buon fine e non quelle che si sono arenate strada facendo e che stanno incontrando alcune difficoltà, ma il genere epistolare scelto dal Ministro per queste sue comunicazioni sottolinea ancora una volta il desiderio di una comunicazione schietta, sincera e in cerca di condivisione.
Nel riproporla qui di seguito auguriamo davvero buone (brevi) vacanze al Ministro Profumo!
Roma, 10 Agosto 2012
Cari studenti, cari insegnanti e professori, cari ricercatori, cari genitori, cari impiegati del personale amministrativo, tecnico e ausiliario, cari dirigenti.
Prima della breve pausa estiva desidero condividere con voi alcune riflessioni su questi mesi passati, così densi di impegno e di duro lavoro quotidiano per la salute e l’ammodernamento del nostro sistema formativo e della ricerca, così come su quelli che ci aspettano alla ripresa autunnale, che saranno senz’altro intensi ma che possono nondimeno, se tutto il nostro sforzo sarà collettivo, rivelarsi perfino entusiasmanti.
In questi mesi ho infatti potuto toccare con mano la forza di questa grande comunità, il suo grande giacimento di risorse interiori fatte di generose disponibilità e di grandi slanci, la sua capacità di contribuire in modo determinante alla formazione dell’identità nazionale. Ricordo in particolare due momenti tra i tanti importanti: il centocinquantenario dell’unità nazionale, dove la scuola italiana ha mostrato la sua centralità anche nelle celebrazioni, e i tragici fatti dell’attentato alla scuola Falcone-Morvillo di Brindisi, dove la giovane vita di Melissa è stata innaturalmente stroncata e altre fra le sue compagne hanno sofferto e stanno ancora soffrendo. L’unità che il Paese ha potuto sperimentare in quei momenti costituisce al contempo un monito per i suoi detrattori e una ricchezza per tutti noi, anche se il mio pensiero non cessa di andare a chi ha visto la sua vita sconvolta in un luogo che dovrebbe essere di serenità e di impegno verso il futuro.
Ed è al futuro che voglio dunque invitarvi a guardare, oggi nel momento del riposo come domani in quello della ripresa. Tutto il ministero, a cominciare dai direttori e dai dirigenti impegnati negli uffici centrali e periferici, così come con eguale convinzione e sforzo tutti i funzionari e i lavoratori che collaborano con la nostra azione, è infatti dentro questo sforzo da molti mesi. Lo dimostra il successo avuto per esempio dalla modernizzazione delle procedure per la maturità, che per un momento hanno unito nell’orgoglio di essere italiani e parte del mondo della scuola centinaia di migliaia di persone. A tutti voi va la mia personale gratitudine ed un augurio di serene festività, oltre che il ringraziamento dell’Italia.
La ripresa autunnale non sarà del resto priva di sfide. Il nostro programma di azione nei prossimi mesi è quasi temerario, se si pensa alle fragilità del nostro Paese. Eppure sono certo che esso è alla nostra portata. Troppo spesso infatti le fragilità italiane sono invocate come alibi e non, invece, usate come stimolo a fare di più e con maggior impegno. E’ nella storia del nostro Paese sia la prima sia la seconda possibilità. Noi scegliamo la seconda!
Del resto, non partiamo da zero. Alcune azioni sono state già impostate. Per esempio, il nuovo sito Universitaly, che mette a disposizione le informazioni sempre aggiornate su tutti i percorsi di studio in Italia. Così come il sito Scuola in chiaro arricchito di nuove informazioni. Saranno anche disponibili dati sul mercato del lavoro ed in particolare sulla domanda delle aziende in modo da collegare meglio formazione e lavoro. Una accelerazione importante avrà anche il piano di innovazione digitale nella scuola, che vedrà anche un primo passo verso la costruzione di un ambiente assai ambizioso e innovativo: una “nuvola della scuola”. Un ambiente non solo di contenuti digitali ma anche di spazi personali e sociali.
Il processo di innovazione vedrà poi un deciso impulso alla “dematerializzazione” dei processi, eliminando progressivamente la carta e facilitando in questo modo le iscrizioni, che dal prossimo anno si faranno solo online, così come tutti i processi amministrativi, l’archiviazione e la gestione documentale delle scuole e di tutto il Ministero. Lo possiamo progettare e fare perché i lavoratori pubblici sono una risorsa preziosa del paese e non certo un ramo secco da tagliare, capace – spesso in condizioni di lavoro assai difficili – di grande spirito di servizio e perfino di sacrificio. Per questo ho deciso di programmare molto presto un nuovo concorso per insegnanti: perché è giusto ed anzi necessario per la salute di tutto il sistema formativo che anche le generazioni più giovani possano dare il loro insostituibile ed originale apporto alla formazione dei futuri italiani. Una scelta che ha molto pesato nella mia decisione di sbloccare il sistema di reclutamento anche nel sistema universitario, con il varo qualche settimana fa dell’abilitazione nazionale. Insomma, stiamo lavorando ad una scuola e ad un sistema di formazione e di ricerca al passo con i tempi e capace di primeggiare in Europa e nel mondo, non solo come già accade per casi individuali ma anche per la complessiva forza stessa del sistema.
Si tratta di una sfida ardua ma alla nostra portata. Perché quando siamo capaci di unirci siamo davvero un grande paese. E allora nulla ci è precluso.
Buone ferie
Francesco Profumo
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