Con questa lettera a Gesù Bambino, il nostro assistente nazionale don Nicolò Tempesta, a nome di tutto il MSAC, augura a tutti noi msacchini e (non) di vivere questo Natale in pienezza facendo posto nei nostri cuori e nelle nostre vite a Gesù, il Verbo fatto carne.
Caro Gesù Bambino,
lo sappiamo che sembra l’inizio di un’infantile letterina di Natale… ma a Natale ci sentiamo tutti un po’ bambini. Tu stesso dirai da grande che, se non diventeremo come bambini, non entreremo nel Regno dei cieli. Diventare bambini non significa essere semplici e puri. Significa mettersi davanti a Dio, solo davanti a Lui saremo capaci di ricominciare da capo nella vita.
Un padre, una madre, un figlio: a Natale le sorti del mondo si decidono dentro una famiglia, nell’umile coraggio di una, di tante, di infinite creature innamorate e silenziose. Grazie perché a Natale ci insegni la parola più rivoluzionaria e appassionata del nostro vocabolario di cristiani: umiltà!
La grande ruota della storia caro Gesù aveva sempre girato nella stessa direzione: dal piccolo verso il grande, chi ha meno alle dipendenze di chi ha più, la legge del più forte. Ma dal giorno di Natale la grande ruota della storia per un attimo si è fermata. Poi qualcosa è cominciato a girare all’incontrario e il senso della storia ha imboccato una svolta: da Dio verso l’uomo, dal grande verso il piccolo, dal cielo verso il basso, da Gerusalemme, la grande città a Betlemme un piccolo borgo e da qui fino a una stalla; i Magi vengono verso un Bambino e il forte si mette a servizio del debole. Grazie Gesù perché il racconto di Betlemme non è una fiaba per bambini, è invece l’inizio di un capovolgimento totale, di un nuovo ordine. La storia vera appartiene a chi si colloca là dove nessuno vorrebbe essere, nell’umiltà del servizio, nell’insignificanza apparente della bontà, nel silenzio di tanti uomini e donne di buona volontà.
Caro Gesù Cristo, permettici di dirtelo una volta per tutte: il mondo creato all’inizio come un incantevole giardino semmai fa venire alla mente una giungla feroce, dove lo stile è quello della competizione nascosta e si fa a gara non a stimarci a vicenda ma a disprezzarci, ci togliamo vicendevolmente valore. Non siamo più semplici e essenziali e la crisi che stiamo vivendo è indice di una crisi più profonda: quella di un cuore complicato!
Caro Gesù Bambino, davanti alla semplicità del presepe ti vediamo protendere nella mangiatoia le piccole mani, e il tuo sorriso sembra già dire quanto più tardi, divenuto adulto, le tue labbra diranno: “Venite a me voi tutti che siete stanchi e affaticati” e ci poni di fronte alla decisione coraggiosa di scegliere tra le tenebre e la luce.
Questo Natale ha fatto emergere le storture della politica, la gravissima crisi economica che stiamo attraversando, le violenze quotidiane fisiche e psicologiche. Molti uomini e donne attendono in questo giorno qualcosa, un evento o magari una persona che li tiri su, che restituisca loro l’ottimismo ingenuo che hanno irrevocabilmente perduto; qualcosa di grande e di nuovo che potrebbe farli tornare indietro e non sanno che questa speranza oggi sei tu che ti fai Bambino e ricominci da Betlemme.
A Natale Dio viene come un bambino: un neonato non può far paura, si affida, vive solo se qualcuno lo ama e si prende cura di lui. Come ogni neonato. Chi di noi celebrerà bene il Natale caro Gesù? Chi depone davanti al presepe ogni ricerca di prestigio e ogni distanza dagli altri. Chi riscopre il valore delle cose buone, belle e semplici. Chi non esporta freddezza ma comunione. Tu, caro Gesù, vivrai soltanto se saremo capaci di accoglierti e di amarti nella vita di ogni giorno perché tu ti fai per noi mendicante d’amore.
Caro Gesù bambino, metticelo in testa, una volta per tutte, che se ti sei fatto uomo é perché essere uomo “vale” davanti a te. Facci amare la nostra umanità, che è il tuo capolavoro. Per questa umanità, la tua incarnazione! Per questa umanità, la tua morte e risurrezione! Come si fa a non amare questa umanità, impastata di peccato, ma ricolma ormai della tua grazia e della certezza della salvezza?
Permettici di dirti Buon Natale Gesù! Arrivano le feste ma forse non siamo capaci di fare festa. Se tornassimo ad amare? Se l’amicizia si donasse senza chiederla a un computer? Se i padri amassero i figli? Se Caino amasse Abele? Se il bene comune guidasse la politica? Se ricordassimo un po’ più spesso che non siamo Dio? Se l’unico sangue permesso fosse quello di una nascita? Se l’unica morte ammessa fosse quella della croce? Se ricominciassimo a donare la vita a qualcuno? Se l’unica luce contemplata fosse la tua della stalla? Se tornassimo a credere in te? Allora sarebbe Natale. Aveva ragione il poeta e drammaturgo tedesco Bertolt Brecht:
“Oggi siamo seduti, alla vigilia
di Natale, noi, gente misera,
in una gelida stanzetta
il vento corre fuori, il vento entra.
Vieni, buon Signore Gesù, da noi, volgi lo sguardo:
perché Tu ci sei davvero necessario”.