Ascoltate l’intervista rilasciata alla radio CEI “Inblu”
hanno parlato per il MSAC la segretaria nazionale Saretta Marotta
e il segretario diocesano msac di Andria Vincenzo La Rosa
intervista a cura di Ada Serra
Questa mattina, leggendo i giornali, sono rimasto davvero sconcertato: ancora una volta un episodio di bullismo nelle scuole italiane… L’episodio è avvenuto nella stessa scuola (l’istituto torinese “Albe Steiner”) dove, nel 2006, fu filmata l’aggressione a un ragazzo disabile e che fece tanto scalpore… L’unica vera differenza è che in questo caso l’episodio si è verificato in una succursale dello stesso istituto.
Questa volta a farne le spese è stato un ragazzo tredicenne, marchiato a fuoco, da due compagni di classe quattordicenni, sul braccio destro con una penna sulla quale era stato messo un pezzo di ferro rovente a forma di “M”.
Il tredicenne, vittima dell’episodio, ha raccontato all’autorità giudiziaria, di essere stato avvicinato da due compagni durante la mattinata e questi, senza alcun motivo particolare, lo hanno marchiato procurandogli sul braccio ustioni di secondo grado.
Il ragazzino, secondo i medici, guarirà in 20 giorni ma molto probabilmente dovrà essere operato da un chirurgo plastico. I due bulli, a seguito della denuncia presentata dai genitori del ragazzino, sono stati denunciati per lesioni aggravate alla procura dei minori.
Ora però mi domando: sono servite a qualcosa le iniziative del Ministro Fioroni e del Ministro Gelmini? Il primo ha reintrodotto la possibilità di bocciatura per ragazzi sospesi perché coinvolti in episodi di bullismo (iniziativa portata avanti proprio a seguito dell’aggressione al ragazzo disabile nella stessa scuola torinese), mentre la Gelmini ha reintrodotto il valore per il voto di condotta con annessa bocciatura nel caso in cui la valutazione in condotta sia inferiore a 6/10…
A mio modesto parere, queste iniziative non sono servite quasi a nulla… Che fare allora?
L’insegnamento della religione cattolica nelle scuole italiane già quest’estate era tornato nell’occhio del ciclone, con la famosa sentenza del TAR del Lazio con la quale sembrava impedirsi l’attribuzione del credito formativo da parte di questa materia per il conseguimento del titolo scolastico. Non solo, la sentenza sembrava anche voler impedire ai docenti di religione di prendere parte agli scrutini e ciò in opposizione a quanto stabilito dal Testo Unico in materia di istruzione che, nel 1994, attribuiva pari dignità agli insegnamenti di religione cattolica ed educazione fisica. Senza dimenticare il fatto che lo studente ha diritto di essere valutato in merito alla materia che ha liberamente scelto, sia essa l’ora di religione o l’attività alternativa. A far chiarezza comunque è intervenuto il regolamento sulla valutazione, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 19 agosto, che ha sottolineato che “la valutazione dell’insegnamento della religione cattolica resta disciplinata dall’articolo 309 del decreto legislativo 16 aprile 1994, n. 297” e anzi apre la possibilità di “eventuali modifiche” per l’attribuzione del voto numerico.
Qualche giorno fa invece la notizia della proposta Urso suscita un nuovo dibattito intorno all’insegnamento della religione cattolica. L’idea del viceministro alle attività produttive (!!!) di introdurre un’ora di “religione islamica” alternativa a quella “cattolica” ha condensato intorno a sé consensi e opposizioni. Al di là della questione di merito, in cui ci pare discutibile la motivazione secondo cui in questo modo si emanciperebbero i ragazzini musulmani dai “ghetti delle madrasse e delle scuole islamiche integraliste”, vorremmo ricordare alcuni punti.
1. La questione può suscitare un dibattito polarizzato intorno a “sì” e “no” solo in quanto si è totalmente travisato ormai il senso stesso dell’insegnamento della religione cattolica all’interno del sistema integrato di istruzione. Non si tratta infatti di un’ora di catechismo. Se così fosse, sarebbe abbastanza presuntuosa la proposta di Urso di sostituirsi a quelli che lui chiama “ghetti integralisti islamici”. Si tratta invece di una disciplina culturale nel quadro delle finalità della scuola, con la stessa esigenza di rigore e sistematicità delle altre discipline, volta ad approfondire quel fenomeno cattolico che che ha informato di sé per secoli la cultura dell’occidente e che costituisce il background della storia italiana passata ed attuale, perciò, come ha ricordato Benedetto XVI agli insegnanti IRC,”non richiede l’adesione di fede, ma assicura una riflessione argomentata sulle grandi domande di senso e sulla religione cattolica che offre i codici indispensabili per decodificare i segni della storia, dell’identità, dell’arte e della musica dell’Occidente e non solo”. Confondere questo insegnamento con il catechismo è invece prassi comune, confusione a cui sono soggetti non solo i polemisti, ma anche studenti, famiglie, e spesso, diciamocelo, anche gli stessi docenti a cui va attribuita parte della responsabilità del travisamento del programma IRC con quello che non è.
2. Proprio ieri l’altro è arrivata invece una proposta dall’assessore all’istruzione di Roma, Laura Marsilio, per l’affiancamento dell’ora di religione con un’altra SUPPLEMENTARE di storia delle religioni. Sembrerebbe una buona idea e un’ottima opportunità per gli studenti che ne facessero richiesta, anche se c’è giustamente da chiedersi a chi verrebbe affidato tale insegnamento. Se infatti tale attività dovesse tramutarsi in “vetrina” delle varie comunità religiose presenti sul territorio, si renderebbe un cattivo servizio alla scuola e agli studenti con una becera traduzione del sacrosanto diritto al pluralismo. Pluralismo non equivale infatti a bombardare gli studenti, sottoponendoli ad una battaglia ideologica che si combatte nel loro nome, ma che spesso li dimentica. Informazione e formazione sono cose diverse e occorre un personale docente qualificato, individuato dalla scuola anche all’interno delle comunità religiose se serve, ma che non trasformi quest’occasione in una sfilata di confessioni. Educare al dialogo interreligioso, conoscendo giustamente le varie tradizioni culturali e religiose con cui questa nostra Italia sta venendo a contatto, è un’altra cosa.
Tra l’altro pochi sanno che l’insegnamento IRC prevede già ampio spazio per la storia delle religioni e l’approfondimento del tema del dialogo interreligioso e interculturale. Ma del resto è difficile fidarsi di un docente designato dalla diocesi e non dalla scuola. Peccato che, effetti collaterali a parte, è certamente nel collegio docenti il più competente, da quando centocinquant’anni fa sono state abolite le facoltà teologiche dall’università di Stato. Ma questa è un’altra storia.
Quella vera, adesso, ce la stiamo giocando sulla pelle degli studenti. E sarebbe la buona volta che qualcuno si ricordasse che, ora islamica sì o no, sarebbe la loro formazione da mettere al centro, al di là delle esigenze di rappresentatività di ciascuno.
Saretta Marotta
carissimi,
come avrete letto in questi giorni sui giornali o avrete sentito in tv, ha fatto discutere (e non poco…) la proposta/decisione di introdurre l’insegnamento dell’ora di religione islamica per i ragazzi musulmani nelle scuole italiane…
In contemporanea, nel comune di Roma l’Assessore all’Istrzuzione, Laura Marsilio (PdL), ha deciso di introdurre un’ora aggiuntiva, nelle scuole romane, sulle altre religioni. Su quest’ultima iniziativa il Msac ha rilasciato una dichiarazione all’Ansa e riportata ieri, 20 ottobre, su “La Stampa”, che trovate al post precedente
Vi riportiamo qui di seguito un’interessante analisi di Alberto Melloni, professore ordinario di Storia Contemporanea presso l’Università di Modena-Reggio Emilia, e segretario della Fondazione per le scienze religiose “Giovanni XXIII” di Bologna (quella fondata da Alberigo e Dossetti) pubblicata sul Corriere della Sera di ieri, in modo da incentivare il dibattito su tale argomento! Attendiamo trepidanti i vostri pareri a riguardo!
Nella discussione di questi giorni sulla proposta di fornire a scuola agli scolari musulmani una ora di «religione islamica», parallela a quella di «religione cattolica» abbiamo visto all’ opera una serie di caricature: dell’ una dell’ altra, dei beneficiari attuali e possibili. Il perché è presto detto: perché gli strumenti con cui si legge la storia religiosa dell’ Europa e del Mediterraneo sono quanto mai rozzi e spuntati dall’ ideologismo. Il mutato paesaggio religioso dell’ Europa di oggi è solo l’ ultimo di una serie di mutamenti che hanno modificato in profondità la condizione delle comunità religiose – ebrei, ortodossi greci e slavi, cattolici, anglicani, evangelici, riformati, musulmani. La concorrenza dell’ agnosticismo e dell’ ateismo, la Shoah, l’ incorporazione di chiese per secoli in lotta nello spazio comune dell’ Unione, non sono stati fenomeni di scarsa portata. L’ immigrazione che ha trasformato le religioni praticate dai sudditi delle colonie in fedi di concittadini arriva solo ultima e non è la più drammatica. In questo paesaggio mobile la trasmissione delle conoscenze sul fatto religioso e la trasmissione della fede è passata per tante vie: il sapere universitario, la ricerca, l’ editoria, la catechesi, la scuola. In Italia l’ ora di religione s’ è collocata a mezza via: passata da strumento di discriminazione a insegnamento opzionale, quell’ ora non ha portato bene alla fede cristiana e alla cultura religiosa. In anni di insegnamento i ragazzi italiani non imparano nulla da insegnanti di toccante bontà e scarsa cultura teologica. Dopo tanto sforzo l’ ignoranza della Bibbia, della storia cristiana, delle dottrine, della spiritualità è in Italia così abissale da debordare nei quiz, dove le domande in questa materia si rivelano impervie per tutti. Non so se l’ episcopato ripenserà mai questo insegnamento che ha fabbricato, a conti fatti, più agnostici dell’ ora di ateismo della scuola brezneviana: esso ha un valore di prova delle tutele concordatarie, come dimostra l’ allarme che si sparge ad ogni stormir di Tar. Ma l’ idea che per amor di parità costituzionale si debba allora insegnare l’ islam agli islamici (e dunque l’ induismo agli indù, il sikhismo ai sikh, il confucianesimo ai cinesi, e via di seguito, fede per fede, confessione per confessione) sarebbe davvero un errore. Sarebbe semmai utile fare proprio il contrario. Nessuno come i ragazzini islamici avrebbe bisogno di imparare cos’ è il cristianesimo, per smontare le caricature crociate che il discorso fondamentalista ha propagandato a piene mani. Così come ai bambini, ai ragazzi e anche a qualche adulto italiano sarebbe utile sapere qualcosa di più su cos’ è l’ ebraismo o l’ islam, al di là delle caricature sciocche o blasfeme di qualche eroe della porchetta. Ma di fatto gli unici che hanno la possibilità di praticare questa vaccinazione anticaricaturale sono proprio le famiglie musulmane, indù, sikh che possono decidere di avvalersi degli insegnanti di «religione cattolica», sperando che insegnanti buoni diano un buon esempio di alfabetizzazione dell’ alterità. Nella Chiesa non manca chi vede quanto sia pericoloso evocare la logica della tradizione e della maggioranza in queste materie. Ma da noi prevalgono le istanze simboliche: quelle agitate dal cattolicesimo europeo d’ inizio secolo contro le laicità aggressive – lo spazio pubblico della fede, il diritto della famiglia e della scuola privata – si rivelano oggi più spendibili sul mercato politico, ma più pericolose sul piano giuridico. Giacché difendere privilegi vuol dire doverli prima o poi concedere a tutti: e questo rischia di fare della società globale una federazione di atolli identitari in un oceano tempestoso di costumi violenti che bagnano inesorabilmente tutte le spiagge dell’ arcipelago. Se di questo dibattito – com’ è facile capire – resterà niente sul tavolo della politica, il problema tornerà in grembo alle fedi: solo loro possono radicare nella loro esperienza il rispetto dell’ altro, solo loro possono insegnare a desiderare di guardare alle vastità dei popoli e alla immensità delle generazioni credenti d’ altra magione con gli occhi con cui li guarda Dio. E non è un insegnamento che dura un’ ora.
Alberto Melloni su “Corriere della Sera”, 20 ottobre 2009, pagg. 10-11
«Chi si farà carico dell’insegnamento dell’ora di storia di tutte le religioni? Quella dell’assessore Marsilio sembra una buona proposta, ma spero che non finisca per essere la vetrina per gli esponenti delle comunità religiose locali. A insegnare l’ora di storia di tutte le religioni dovrebbero essere insegnanti qualificati nella materia». Lo ha detto la segretaria nazionale del Movimento Studenti di Azione Cattol ica (Msac) Sara Marotta. La segretaria del Msac ha così commentato la proposta dell’assessore capitolino alla Scuola Laura Marsilio sull’inserimento, nelle scuole romane, di un’ora aggiuntiva di storia tutte le religioni. «Spesso – ha aggiunto Marotta – si fa confusione sull’ora di religione insegnata nelle scuole, che non è un’ora di catechesi. L’ora di ’interreligionè è un’iniziativa positiva, ma devèessere insegnata da un docente specializzato in storia delle religioni. Non bisogna dimenticare che, su questa faccenda, in gioco ci sono gli studenti»
allora, msacchini d’Italia?
sappiamo che tanti di voi, diocesi alle prime armi o belle sperimentate, stanno celebrando in tutta Italia i propri OFm, nelle forme più diverse e disparate.
Attendiamo bramosi i vostri racconti, che pubblicheremo su questo blog nella rubrica “dalle diocesi”! che aspettate a mandarci i vostri resoconti? e non dimenticate il concorso “creattivo” in vista della sfs 2010!!!!
mandateci le vostre foto e i vostri sogni!!! yeah!!!!!!!!!!!
su Facebook intanto vediamo pullulare le vostre iniziative diocesane, con tanto di supermanifesti!!! come quello di AVERSA, che vedete qui sopra, diocesi neomsacchina dove il Settore Giovani diocesano si sta dando tanto da fare per invitare alla proposta studentesca i propri giovanissimi. e poi c’è Alghero (che vedete qui a sinistra) dove abbiamo mandato il nostro inviato speciale Stefano di Trieste [qualsiasi diocesi può avere un membro d’equipe nazionale ospite. basta chiedere!!!] e dove dopo tanto attendere finalmente il MSAC diocesano è partito con un proprio congresso. E poi c’è AVELLINO, LODI, POMPEI… E c’ è anche chi addirittura finisce sulla tv locale, con un bel servizio dedicato, come gli amici del MSAC di Andria nel video qui sotto vi riportiamo
E allora, che aspettate a darci notizie?? mettiamo in circolo la voglia di movimento!!! yeah!!!
date le numerose mail di chiarimento che stanno pervenendo a msac@azionecattolica.it (scriveteci!!!) che tirano in ballo fantomatiche “4 settimane estive”, cambiamenti all’esame di maturità e paure dei professori, ripubblichiamo questo articolo che sintetizza le novità Gelmini attive da quest’anno (e ciò che non riscontrate in quest’articolo probabilmente è voce di corridoio). salutocchi!!!
Ai valorosi che non si sono ancora persi d’animo in questo continuo rincorrersi di regolamenti, dichiarazioni, circolari e dpr che si modificano a vicenda nel mondo della scuola italiana vogliamo offrire un piccolo abbecedario delle cosiddette “riforme Gelmini” operative da questo anno scolastico 2009/2010. Partiamo dalle origini.
Era l’estate 2008 quando l’art.64 di quella che è diventata legge 133 (finanziaria) prevedeva un “piano programmatico” per la razionalizzazione de: a)l’organico del personale docente e ATA b)i piani di studio e relativi quadri orari c)rete scolastica. Una vera rivoluzione nella scuola di ogni ordine e grado, che però restava una “riforma” prevista in un provvedimento di natura economica più che in una legge pensata specificatamente per l’istruzione. In aggiunta a ciò, quindi, il ministro Gelmini a settembre 2008 ha fatto varare un proprio decreto, poi divenuto legge 169, tutto di iniziativa ministeriale. Prevedeva: 1)l’insegnamento di “cittadinanza e costituzione” 2)l’introduzione del voto di condotta 3)la valutazione in decimali anche alla scuola primaria 4)il maestro unico 5)il vincolo per le case editoriali di produrre nuove edizioni dei testi scolastici almeno dopo cinque anni.
Da queste due leggi madri (l’art. 64 della 133 e la 169) è discesa un’intera famiglia di dpr, regolamenti e decreti-legge, una babele che speriamo nelle prossime righe di districare per capire che fine hanno fatto tutti quei propositi di riforma annunciati.
Innanzitutto ecco cosa cambia alla scuola primaria: libera scelta del monte ore settimanale tra tre diverse opzioni: 27, 30 o 40 ore. Il tempo pieno dunque “resta”, secondo le scelte delle famiglie e la disponibilità delle scuole. Il maestro unico è operativo, ma per compensare i “surplus” orari delle varie opzioni gli verranno comunque affiancati altri insegnanti: almeno quello di inglese, se il maestro prevalente non basta, e quello di religione. Eliminate le compresenze, le classi successive alla prima continuano a funzionare secondo i vecchi modelli orari.
Qualche novità anche nella riorganizzazione dei quadri orari delle medie e soprattutto delle scuole superiori, per le quali i vari indirizzi di studio sono stati raggruppati in 6 licei (artistico, classico, scientifico, musicale e coreutico, delle scienze umane, linguistico), 2 istituti tecnici (settore economico con 2 indirizzi, amministrativo e turismo, e settore tecnologico, con 9 curricula) e 2 aree professionali (settore dei servizi con 5 indirizzi al proprio interno e settore dell’industria e dell’artigianato). Scompaiono così i licei delle scienze sociali e socio-psico-pedagogico, che confluiscono nel liceo delle “scienze umane”, e il liceo tecnologico, che diventa sperimentazione dello scientifico.
Novità poi nell’ambito della valutazione. Come ormai noto a tutti, sono in vigore i decimali per tutti i cicli. Il meccanismo di promozione, dopo la grande confusione a conclusione dello scorso anno, è stato invece chiarito: necessario il 6 in ciascuna materia (niente promozione col 6 di “media”, dunque), ma in caso di qualche insufficienza, i docenti saranno chiamati a votare a maggioranza per l’ammissione agli esami e all’anno successivo.
Le tabelle della legge 133 imponevano poi la riorganizzazione della rete scolastica, dei criteri di aggregazione delle classi e la razionalizzazione dell’organico, prevedendo 45.000 tagli nel settore ATA (bidelli, segreterie, ecc) e 130.000 docenti in meno. Oltre a classi più numerose, la novità, è il caso di dirlo, più clamorosa è il fatto che le cattedre da quest’anno sono obbligatoriamente di 18 ore nello stesso istituto. Non esistono dunque cattedre a metà, tipicamente “precariali”. I soprannumerari verranno trasferiti “d’ufficio”. Il che spiega l’agitazione che è in corso in questi giorni nel mondo dei precari della scuola. Riguardo infine al meccanismo di “arruolamento” dei docenti, nulla di definito per il momento, se non un piano ministeriale che è più di una semplice dichiarazione d’intenti. Messo da parte il progetto Aprea, il nuovo meccanismo dovrebbe prevedere per l’insegnamento nel secondo ciclo (superiori e medie) un anno di Tirocinio Formativo Attivo (a numero chiuso) di 475 ore prima dell’immissione in ruolo dei nuovi docenti, per una didattica che non sia solo teoria, oltre all’attivazione di nuovi corsi di laurea magistrali abilitanti (a numero chiuso). Il numero di docenti sarà determinato dal fabbisogno, il che equivale nelle previsioni alla “fine del precariato”. Per insegnare alla scuola primaria invece rimane abilitante la laurea in scienze della formazione (a numero chiuso, naturalmente!) seguita da tirocinio.
Durante l’audizione di oggi alla Commissione Cultura della Camera dei Deputati il ministro della Pubblica Istruzione, Mariastella Gelmini, ha dichiarato: «Sono contraria al fatto che i bidelli non puliscano le scuole e si appaltino le pulizie all’esterno. È uno spreco di risorse pubbliche».
Soffermandosi sulle carenze di risorse economiche per le scuole e ricordando che le spese di funzionamento sono state tagliate per una cifra pari a 530 milioni di euro dal precedente Governo (in conseguenza del meccanismo della clausola di salvaguardia), il ministro ha fatto notare che un primo intervento di recupero, 200 milioni di euro, rispetto alla cifra tagliata, è stato già fatto.
La Gelmini ha, infatti, fatto sottolineato che il Ministero sta lavorando in questi giorni con il Tesoro e che è certa che questo Governo sarà in grado di mettere a disposizione una cifra cospicua per le spese di funzionamento.
Ha poi continuato spiegando che a questo proposito «ci sono dirigenti scolastici capaci di fare il proprio mestiere, e quindi anche di garantire scuole pulite, e altri che non sono capaci. È arrivato il momento dunque di affrontare il tema del reclutamento e della valutazione per vedere chi vale e chi no».
Voi cosa ne pensate?
da TUTTOSCUOLAAudizione della Gelmini in commissione Cultura alla Camera
Sul tema dell’avvio dell’anno scolastico
E’ in corso dalle ore 14,00 (7 ottobre 2009) l’audizione del ministro dell’Istruzione, Mariastella Gelmini, in commissione Cultura alla Camera sulle problematiche connesse all’avvio dell’anno scolastico.
Circa la mobilità del personale il ministro ha precisato che “sono state oltre 150 mila le richieste di mobilità dei docenti e del personale Ata“.
Quanto alla questione delle sezioni primavera, il titolare di viale Trastevere ha spiegato di aver avuto “rassicurazioni dal ministro Fitto e dal presidente della Conferenza delle Regioni Errani sul fatto che, lasciando sullo sfondo le questioni politiche complesse, si possa e si debba procedere all’emanazione dei pareri“. Il ministro al riguardo ha auspicato “che prevalga il senso di responsabilità“, e che arrivi presto dalla Conferenza Stato-Regioni il “parere sulla riforma della scuola superiore e quello sulle sezioni primavera“.
La Gelmini ha poi spiegato che “in Abruzzo è stata completata la riapertura di tutte le scuole. E’ stata un’operazione complessa e ringrazio, per questo, la Protezione civile, il provveditorato, gli enti locali e il direttore dell’ufficio scolastico regionale”. Il ministro ha poi sottolineato che nella regione colpita dal sisma del 6 aprile scorso “sono stati stanziati 226 milioni per l’edilizia scolastica“.
Il ministro ha poi concluso che il problema dell’edilizia scolastica è una “emergenza nazionale“. “Abbiamo stanziato – ha spiegato il ministro – un miliardo di euro, ma è una somma difficile da spendere perché le procedure sono complicate e non sempre c’è un forte accordo con gli Enti locali“.