Ieri, il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone ha condiviso alcune riflessioni sulle occupazioni scolastiche in questo articolo per “La Stampa”: “Le occupazioni scolastiche, una lotta all’apatia”
Sul sito del MSAC ne abbiamo parlato qui: “Studiare è un diritto. Occupare è un abuso”.
Tre segretarie diocesane dei gruppi MSAC hanno risposto al sottosegretario. Questi sono i commenti di Marta (Rimini), Antonella (Bari), Emanuela (Messina). Che ne pensate? Ne parliamo?
Marta, classe IV Liceo classico Giulio Cesare, segretaria MSAC Rimini
Occupare una scuola è sicuramente una forte presa di posizione, un’esperienza di grande partecipazione per gli studenti, ma leggere che il sottosegretario all’istruzione la elogi, non può che rattristarmi. La scuola, quel luogo in cui l’istruzione dovrebbe regnare sovrana, in cui l’educazione dovrebbe essere conseguenza dell’insegnamento, in cui lo spirito critico dovrebbe essere l’effetto evidente di studi mirati, sembra diventare oggetto di maggior valore se ci si «vive dentro». Mi chiedo se non avrebbe più effetto “viverci dentro” con l’animo, sentirci parte e costruttori di essa: studiare, partecipare e sognare il futuro che ci piace partendo dai banchi di scuola. Ascoltare gli studenti è certo necessario, partire dalle loro esigenze e dalle loro richieste, ma il modo proposto mi stranisce: la scuola ci forma per il confronto, ci forma a ragionare con la nostra testa, a sviluppare capacità intellettive, e l’occupazione sarebbe il modo migliore per esprimerci e raggiungere le “autorità”? C’è stato un tempo in cui è stato quasi inevitabile fare appello alle occupazioni studentesche e queste hanno contribuito a migliorare le condizioni in cui la vita scolastica pone le sue radici oggi, ma ora come ora, mi aspetto di più dagli studenti. Mi pare doveroso puntare un po’ più in alto e sinceramente spero che l’esperienza più bella della nostra adolescenza possa essere qualcosa di diverso rispetto ad una notte passata nei sacchi a peli tra le mura scolastiche.
Antonella, classe V Liceo artistico De Nittis, segretaria MSAC Bari
«La scuola è un bene comune, ed è per questo che le occupazioni e le autogestioni vanno prese sul serio» sottolinea il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone, ma un bene pubblico non va trattato come un bene privato, ma va rispettato e lasciato aperto a tutti. Leggo scritto in questi giorni che “l’unica buona scuola è quella occupata” ma una scuola sarà buona quando verrà costruita nell’ottica del Noi e non dell’io e quando non negheremo agli altri un diritto fondamentale, che è quello di seguire una normale attività scolastica.
Un sottosegretario all’istruzione non può pensare all’occupazione come soluzione, più formativa di ore passate in classe, ma deve pre-occuparsi di cercare e di cambiare un sistema fondato principalmente sul dialogo, sulla discussione e non solo sull’ascolto, come mette in risalto nell’intervento.
Una scuola che non discute e non dialoga è una scuola distrutta da chi non guarda il futuro con speranza ma che pensa a consumare il presente con violenza.
Perché un’alternativa, una soluzione c’è sempre anche quando tutto ci si rivolge contro o quando nessuno ci ascolta. Ed è per questo che dobbiamo fare qualcosa, dobbiamo provare, sbagliare, cambiare rotta e migliorare, partendo dalla scuola come luogo in cui sorge la cultura e la democrazia si sviluppa, senza comando e senza imposizione.
La voglia di fare incoraggia ed esorta a guardare oltre il problema, concentrandosi sulla soluzione e lì dove il degrado e l’abbandono va oltre l’inferriata, caro sottosegretario, senza eventualità deve esserci armonia.
La scuola è sì didattica, è studio e di certo non è solo ragazzi seduti e cattedra di fronte, perché ci sono ragazzi che della scuola si interessano e gli sta a cuore, che non si armano di violenza bensì di cultura e testimonianza.
Allora se in gioco c’è il nostro futuro, la democrazia non deve essere un punto d’arrivo ma un punto di partenza, non immobilizzata in una sola versione ma aperta a tutte le voci, soprattutto a quelle che partono dal basso, perché una scuola può fare scelte sul piano formativo e organizzativo che tendono a valorizzare la partecipazione degli studenti assumendoli come coautori dei processi di insegnamento-apprendimento.
Emanuela, classe V Liceo classico G.B. Impallomeni – Milazzo, segretaria MSAC Messina
Occupazione sì, occupazione no: questo è il dilemma. Vedere questa modalità di protesta come fosse da esecrare sarebbe un pregiudizio, ma viverla come un rito sminuirebbe in toto il suo significato. L’occupazione potrebbe anche acquisire un certo valore mediatico nel caso in cui i motivi siano validi e questa si riveli l’ultima spiaggia su cui sbarcare dopo vari tentativi di dialogo con le autorità competenti. In ogni caso, alla base ci deve essere una certa consapevolezza da parte degli studenti, chiamati a vivere questo momento con grande coscienza e responsabilità, non considerandolo una vacanza alternativa, né con le parole, né con i fatti.
A quanto pare il sottosegretario all’Istruzione ha approfittato del momento caldo per le scuole italiane per sollevarsi come paladino degli studenti (gli stessi che tra qualche anno potranno votare…). Ma, se io fossi il sottosegretario all’Istruzione, più di scrivere a favore dell’occupazione dichiarandomi disponibile a qualsiasi confronto con gli studenti nelle scuole occupate, mi chiederei il perché molti decidano ancora di ricorrere a questo strumento, mi chiederei cos’è che cercano nelle Istituzioni, mi chiederei che scuola vorrebbero, mi chiederei quale sarebbe la soluzione migliore per creare una scuola in cui gli studenti non abbiano nemmeno necessità di ricorrere a certi metodi, quando la maggior parte delle volte il problema sono la burocrazia troppo lenta e le riforme tarde e poco efficaci. Sarebbe bello sapere che i nostri contributi alla “buona scuola” saranno presi veramente in considerazione e a quel punto, più che occupare, ci occuperemo tutti della nostra scuola, come molti già fanno nel silenzio della loro umiltà.