Martedì 19 novembre 2013. Entro a scuola alle 8 e dieci, come sempre e, improvvisamente, la mia scuola viene occupata da alcuni studenti. Oltre alle solite urla scorgo dei visi conosciuti: tra loro anche alcuni ex alunni della scuola, intrufolatisi di nascosto quel mattino; molti ragazzi delle prime insieme a tanti miei amici coetanei; i rappresentanti di istituto, che conosco bene.
Immediatamente entro in classe e chiedo ai miei compagni di esprimersi in merito all’adesione all’occupazione e, ricevuto un segno di dissenso, in quanto rappresentante di classe chiedo alla mia professoressa di andare al terzo piano (dove l’occupazione stava dilagando), per esprimere tale disapprovazione. Arrivato al terzo piano insieme all’altro rappresentante di classe mi ritrovo nel bel mezzo di una vera rivoluzione. In questa baraonda cerco e trovo uno dei rappresentanti di istituto e gli chiedo di parlare alla prima assemblea post occupazione. Concesso. Inizia l’assemblea e nessuno ascolta il rappresentante che ha intenzione di spiegare le ragioni del gesto dimostrativo (se così può definirsi un’occupazione): la questione ambientale.
Vivo a Giugliano, in Campania, pieno “triangolo della morte”, luogo appunto di morte e malattie a causa della presenza di grandissime quantità di rifiuti sparsi in giro e non raccolti, a causa delle discariche presenti, a causa dell’assenza di una seria raccolta differenziata e di un piano di smaltimento dei rifiuti solidi urbani (RSU).
Torniamo all’occupazione però. Finisce di parlare il rappresentante; intervengo io. Esprimo il mio dissenso e i motivi per cui ho preso questa posizione. Vola qualche fischio, alcuni insulti, ma anche grazie ai rappresentanti riesco a parlare. Resto fino alle quattro e mezza di pomeriggio per parlare con i rappresentanti e cercare di mediare. Siamo in 7: io e altri due anti occupazionari e i quattro rappresentanti. La conclusione è: entro tre giorni l'”occupazione” sarà chiusa.
Passa la prima notte e continua la nostra opposizione all’occupazione, la mattina dopo, cioè oggi, rimango a casa ma resto in contatto con una mia amica che è a scuola a “combattere” contro l’occupazione. Tutto è sempre basato sul dialogo, mai sullo scontro: i rappresentanti vedono in noi un punto di riferimento e un interlocutore; discutiamo insieme alla ricerca di una soluzione condivisa. Nella mattinata sembra che si possa arrivare a un ultimo accordo: la sera dopo o al massimo la mattina del giorno successivo l’occupazione sarà finita. Tutto si concluderà con una grande manifestazione con tutte le scuole della zona. Nel pomeriggio passo per la scuola, sono rimaste poche persone. Saluto i rappresentanti e gli ricordo l’accordo a cui siamo giunti. Sembra ormai deciso. Ora attendiamo gli sviluppi di questa vicenda non ancora finita, ma non smettiamo di combattere.
I motivi per cui ci siamo opposti a questa occupazione (io in particolare come referente MSAC della scuola) sono vari. Oltre all’ovvia ragione dell’illegalità di occupare la scuola, vorrei immediatamente chiarire la nostra posizione per evitare di essere tacciato di “lecchinismo”. Abbiamo avuto un confronto con gli altri rappresentanti di classe e la preside, in cui ho ribadito la nostra contrarietà all’occupazione per un semplice motivo: non accetto che qualcuno con una scusa del tutto incompatibile con la forma di protesta attuata (ovvero l’occupazione della scuola) mi neghi un diritto fondamentale, che è quello di andare a scuola e seguire la normale attività scolastica. La questione ambientale è di enorme importanza, sia chiaro, ma non vedo che nesso possa avere con l’occupazione della scuola. Per dare anche più peso alla nostra protesta ho chiesto che una eventuale punizione nei confronti degli occupanti fosse estesa a tutti gli studenti dell’istituto, ebbene sì, anche a noi non occupanti. Perderemmo le gite, avremmo forse un voto di condotta basso, ma ciò potrebbe dimostrare che non ci siamo opposti per un “secondo fine”, ma per un ideale fondamentale. Qualcuno potrebbe dirmi che la scuola e l’istruzione non servono se non posso avere un futuro migliore ma io non ci credo; anzi: senza la scuola non avremo mai le armi per difenderci un domani e cambiare questo mondo che tanto facilmente oggi diciamo che “non va”.
MSACchini, armatevi della cultura e cambiate il vostro mondo con l’esempio e la testimonianza. Buon anno scolastico a tutti!
Matteo Vasca, classe 5^ Liceo Scientifico-Linguistico De Carlo, Giugliano in Campania.