carissimi,
come avrete letto in questi giorni sui giornali o avrete sentito in tv, ha fatto discutere (e non poco…) la proposta/decisione di introdurre l’insegnamento dell’ora di religione islamica per i ragazzi musulmani nelle scuole italiane…
In contemporanea, nel comune di Roma l’Assessore all’Istrzuzione, Laura Marsilio (PdL), ha deciso di introdurre un’ora aggiuntiva, nelle scuole romane, sulle altre religioni. Su quest’ultima iniziativa il Msac ha rilasciato una dichiarazione all’Ansa e riportata ieri, 20 ottobre, su “La Stampa”, che trovate al post precedente
Vi riportiamo qui di seguito un’interessante analisi di Alberto Melloni, professore ordinario di Storia Contemporanea presso l’Università di Modena-Reggio Emilia, e segretario della Fondazione per le scienze religiose “Giovanni XXIII” di Bologna (quella fondata da Alberigo e Dossetti) pubblicata sul Corriere della Sera di ieri, in modo da incentivare il dibattito su tale argomento! Attendiamo trepidanti i vostri pareri a riguardo!
Le lezioni di religione? con il modello attuale non si impara nulla
Nella discussione di questi giorni sulla proposta di fornire a scuola agli scolari musulmani una ora di «religione islamica», parallela a quella di «religione cattolica» abbiamo visto all’ opera una serie di caricature: dell’ una dell’ altra, dei beneficiari attuali e possibili. Il perché è presto detto: perché gli strumenti con cui si legge la storia religiosa dell’ Europa e del Mediterraneo sono quanto mai rozzi e spuntati dall’ ideologismo. Il mutato paesaggio religioso dell’ Europa di oggi è solo l’ ultimo di una serie di mutamenti che hanno modificato in profondità la condizione delle comunità religiose – ebrei, ortodossi greci e slavi, cattolici, anglicani, evangelici, riformati, musulmani. La concorrenza dell’ agnosticismo e dell’ ateismo, la Shoah, l’ incorporazione di chiese per secoli in lotta nello spazio comune dell’ Unione, non sono stati fenomeni di scarsa portata. L’ immigrazione che ha trasformato le religioni praticate dai sudditi delle colonie in fedi di concittadini arriva solo ultima e non è la più drammatica. In questo paesaggio mobile la trasmissione delle conoscenze sul fatto religioso e la trasmissione della fede è passata per tante vie: il sapere universitario, la ricerca, l’ editoria, la catechesi, la scuola. In Italia l’ ora di religione s’ è collocata a mezza via: passata da strumento di discriminazione a insegnamento opzionale, quell’ ora non ha portato bene alla fede cristiana e alla cultura religiosa. In anni di insegnamento i ragazzi italiani non imparano nulla da insegnanti di toccante bontà e scarsa cultura teologica. Dopo tanto sforzo l’ ignoranza della Bibbia, della storia cristiana, delle dottrine, della spiritualità è in Italia così abissale da debordare nei quiz, dove le domande in questa materia si rivelano impervie per tutti. Non so se l’ episcopato ripenserà mai questo insegnamento che ha fabbricato, a conti fatti, più agnostici dell’ ora di ateismo della scuola brezneviana: esso ha un valore di prova delle tutele concordatarie, come dimostra l’ allarme che si sparge ad ogni stormir di Tar. Ma l’ idea che per amor di parità costituzionale si debba allora insegnare l’ islam agli islamici (e dunque l’ induismo agli indù, il sikhismo ai sikh, il confucianesimo ai cinesi, e via di seguito, fede per fede, confessione per confessione) sarebbe davvero un errore. Sarebbe semmai utile fare proprio il contrario. Nessuno come i ragazzini islamici avrebbe bisogno di imparare cos’ è il cristianesimo, per smontare le caricature crociate che il discorso fondamentalista ha propagandato a piene mani. Così come ai bambini, ai ragazzi e anche a qualche adulto italiano sarebbe utile sapere qualcosa di più su cos’ è l’ ebraismo o l’ islam, al di là delle caricature sciocche o blasfeme di qualche eroe della porchetta. Ma di fatto gli unici che hanno la possibilità di praticare questa vaccinazione anticaricaturale sono proprio le famiglie musulmane, indù, sikh che possono decidere di avvalersi degli insegnanti di «religione cattolica», sperando che insegnanti buoni diano un buon esempio di alfabetizzazione dell’ alterità. Nella Chiesa non manca chi vede quanto sia pericoloso evocare la logica della tradizione e della maggioranza in queste materie. Ma da noi prevalgono le istanze simboliche: quelle agitate dal cattolicesimo europeo d’ inizio secolo contro le laicità aggressive – lo spazio pubblico della fede, il diritto della famiglia e della scuola privata – si rivelano oggi più spendibili sul mercato politico, ma più pericolose sul piano giuridico. Giacché difendere privilegi vuol dire doverli prima o poi concedere a tutti: e questo rischia di fare della società globale una federazione di atolli identitari in un oceano tempestoso di costumi violenti che bagnano inesorabilmente tutte le spiagge dell’ arcipelago. Se di questo dibattito – com’ è facile capire – resterà niente sul tavolo della politica, il problema tornerà in grembo alle fedi: solo loro possono radicare nella loro esperienza il rispetto dell’ altro, solo loro possono insegnare a desiderare di guardare alle vastità dei popoli e alla immensità delle generazioni credenti d’ altra magione con gli occhi con cui li guarda Dio. E non è un insegnamento che dura un’ ora.
Alberto Melloni su “Corriere della Sera”, 20 ottobre 2009, pagg. 10-11