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Cittadini di sana e robusta Costituzione

A settembre del prossimo anno i nostri Pierini si ritroveranno una novità tra le materie del proprio curriculum scolastico. Si chiama Cittadinanza e Costituzione e sarà studiata dalla scuola dell’infanzia alla scuola primaria, dalle medie alle superiori. Annunciata già a fine ottobre 2008 con la legge 169 che l’ha introdotta nei programmi di tutte le scuole di ogni ordine e grado, da ieri mattina (4 marzo) la nuova materia scolastica ha “linee d’indirizzo” ben delimitate per ciascun percorso scolastico, linee che, pur nel rispetto del principio dell’autonomia didattica delle scuole, ne determinano dettagliatamente i contenuti e gli obiettivi di apprendimento. Presentandola a Palazzo Chigi, alla presenza del Procuratore nazionale antimafia Piero Grasso, il Comandante generale dell’Arma dei Carabinieri, ed don Luigi Ciotti, presidente di “Libera”, il ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini ha assicurato: “non sarà la vecchia ora di Educazione civica, ma un’ora di educazione alla cittadinanza, per insegnare ai ragazzi i valori e i principi contenuti nella nostra Costituzione“.

Una dichiarazione d’intenti che suona più come un buon auspicio piuttosto che come esauriente spiegazione, ma per orientarsi meglio viene in soccorso l’atteso documento d’indirizzo, presentato per l’appunto il 4 marzo.

Innanzitutto “verrà utilizzato il monte ore dell’orario scolastico, senza aggiunte” – ha detto la Gelmini – “quello che si chiede agli insegnanti è uno sforzo congiunto, una sinergia per offrire l’educazione ai principi costituzionali”. 33 ore annuali dunque, un’ora a settimana, che saranno ricavate dall’attuale orario delle aree storico-geografica per il primo ciclo e storico-sociale per medie e superiori. Il fatto che non si tratti di una riedizione spolverata dalla vecchia educazione civica o dell’interdisciplinare e trasversale “educazione alla convivenza civile” introdotta tra gli OSA (obiettivi scolastici di apprendimento) della Moratti, dovrebbe assicurarlo il fatto che la nuova materia avrà anche una valutazione autonoma e specifica.

Il che vuol dire, da parte degli studenti, che Citt. e Cost. fa media e va studiata al pari delle altre materie, mentre da parte dei docenti il suo insegnamento non è più lasciato alla loro discrezionalità. Una buona differenza rispetto al passato, dunque, che può in qualche modo farci ben sperare.

Per Luciano Corradini, pedagogista e presidente della commissione che ha elaborato le linee guida della nuova materia, è proprio perché la vecchia educazione civica era ininfluente sul profitto degli studenti, che essa era rapidamente scivolata nella marginalità: “Finalmente viene previsto uno specifico tempo scuola per consentire ad un docente, sia egli di storia, di filosofia o di diritto, di sviluppare con perizia didattica l’insegnamento e l’apprendimento della costituzione come disciplina autonoma e di trovare intese con i colleghi, perché ciascuno concorra, come educatore e come titolare della sua disciplina, a quell’educazione civica, che abbiamo chiamato ‘educazione alla cittadinanza e cultura costituzionale’”. Attraverso insomma lo strumento del tempo dedicato e della valutazione distinta, così come perseguito in altri paesi come la Spagna, si dà rilevanza sociale a questo specifico sapere culturale. E gli effetti saranno valutabili alla fine del prossimo anno scolastico.

Il secondo sostantivo che denomina la nuova materia di studio determina la vera innovazione del provvedimento. Raccogliendo gli innumerevoli appelli del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, lo studio della Costituzione entra nelle scuole dal portone principale, saltando l’iter delle tradizionali finestre tra un buco e l’altro nel programma di tal o tal altra disciplina. Quest’ingresso lo compie anche attraverso l’apertura delle scuole a “testimoni”: dalle forze di polizia ai carabinieri, alle associazioni ambientaliste e antimafia, perché ci sarà spazio anche per l’educazione ambientale, ai sani stili di vita e ad una corretta alimentazione.

Dal decreto Moro del 1958 che introdusse per la prima volta l’insegnamento dell’educazione civica, siamo forse ad un punto di svolta che non può non farci che ben sperare per i nostri studenti, i nostri Pierini. In ultima analisi, anche i decreti delegati del ’74, quelli che introdussero forme di partecipazione democratica alla vita delle scuole (gli Organi collegiali, per intenderci), così come lo Statuto delle studentesse e degli studenti, sono da inserire in questa storia di nobili tentativi e buoni propositi, e la nuova disciplina tende a rilanciare, tra le altre cose, quali la valutazione del comportamento non solo in chiave sanzionatoria, ma anche come mezzo per premiare l’apprendimento del “convivere civile”, proprio questo strumento partecipativo, come pure il ruolo delle associazioni studentesche, mettendo in evidenza come la scuola non possa vivere senza la partecipazione attiva e propositiva di tutti i soggetti che la compongono, compresa la componente degli studenti. “L’esercizio della democrazia, infatti, – recita il documento d’indirizzo preparato dalla commissione Corradini – è un diritto-dovere che va appreso e praticato giorno per giorno fin dalla più giovane età”. “La scuola – continua il documento – è la palestra ideale di questa pratica, quando sviluppa nella persona che apprende la consapevolezza dei propri percorsi formativi e favorisce e sostiene un processo relazionale finalizzato alla crescita globale, nella convinzione che le ragazze e i ragazzi, attraverso l’assunzione di responsabilità partecipative, si educhino al confronto ed imparino le regole fondamentali del vivere sociale.”

Ai posteri, ovvero gli studenti del prossimo anno, di ogni ordine di studi, valutare se si è fatto onore alle buone intenzioni e se la scommessa sarà stata finalmente vinta.

Reggio Calabria si muove!

pubblichiamo qui l’articolo inoltratoci dal circolo diocesano MSAC di Reggio Calabria, che nel mese di dicembre ha organizzato col Consiglio diocesano di AC e col settore giovani una festa MSAC per tutti i giovanissimi studenti della diocesi…. dal titolo, appunto, “Mi piaci se ti muovi!”. come ci racconta Amos, del sg diocesano “La parte più bella – devo dire – è stata la partecipazione dei msacchini nella preparazione delle festa e il loro darsi da fare perché tutto andasse per il meglio; si sono presi a cuore tutti gli aspetti della festa con grande entusiasmo e cura”. Allora in bocca al lupo al MSAC di Reggio C. In MSAC we trust! Oh- yeah!

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Festa MSAC 2008 di Reggio Calabria: MI PIACI SE TI MUOVI!

Il 13 dicembre scorso più di 200 ragazzi, provenienti da ogni parte della città e da ogni scuola, si sono ritrovati nell’aula magna del liceo artistico “Mattia Preti” per l’annuale incontro organizzato dall’equipe del Movimento Studenti, la festa MSAC 2008!
Questa volta il tema dell’incontro è stato piuttosto particolare e divertente, basato sul famosissimo film Madagascar: Mi Piaci Se Ti Muovi!!! Tutti vi starete sicuramente chiedendo che relazione c’è tra un cartone animato e noi studenti; ebbene, è inutile negare come noi giovanissimi, al sicuro nel nostro gruppo e nella nostra parrocchia, siamo spesso frenati, durante la nostra vita scolastica, nell’esprimere il nostro punto di vista, le nostre idee, i nostri sentimenti dalle paure più varie rimanendo, quindi, nascosti e inermi davanti alla realtà quotidiana di cui dovremmo, invece, essere i protagonisti. E così, i ragazzi del MSAC hanno ben pensato di organizzare un momento per “svegliarci” e dare vita alle nostre sensazioni e alle nostre idee, sotterrate dalla montagna di pregiudizi e paure di cui ognuno di noi è vittima.
Quindi, verso le quattro del pomeriggio, dopo un breve momento di festa tutti insieme, la festa MSAC ’08 inizia ufficialmente con una bellissima e sentita preghiera comunitaria, per poi dare spazio al discorso di benvenuto del Presidente dell’Azione Cattolica, Ettore Triolo, e dell’Assistente del Settore Giovani e del Movimento Studenti, don Gaetano Galatti. Segue un divertentissimo video di presentazione
del Movimento, per poi entrare nel vivo della festa con un videoclip che ne presenta il tema, prendendo in prestito alcune immagini dal film Madagascar, nel momento in cui gli animali protagonisti sentono il bisogno di evadere dallo zoo dove si sentono prigionieri ma hanno paura di ciò che c’è oltre il cancello. Dopo aver individuato e analizzato le paure che incontriamo nell’ambiente scolastico grazie al contributo della nostra carissima amica, la prof.ssa Giovanna Canale, via ai gruppi di studio per “processarle” una volta per tutte, dividendoci all’interno di ognuno in tre sottogruppi, proprio come in un vero tribunale (accusa, difesa e corte). Infine, ci riuniamo nuovamente per preghiera finale, ringraziamenti e distribuzione dei gadget, un piccolo segno della festa. Anche questa volta i ragazzi del MSAC hanno svolto un lavoro impeccabile e adesso, analizzate e sconfitte le nostre paure, non rimane che metterci in………MOVIMENTO!!!

Audizione Organi Collegiali

AUDIZIONE PARLAMENTARE – 10 FEBBRAIO 2009
CAMERA DEI DEPUTATI– VII COMMISSIONE PERMANENTE

Norme per l’autogoverno delle istituzioni scolastiche e la libertà di scelta educativa delle famiglie, nonché per la riforma dello stato giuridico dei docenti – C. 953 Aprea (adottata come testo base) e abbinato C. 1262 De Torre

E’ innanzitutto nostra intenzione esprimere soddisfazione per la volontà del Parlamento di approvare una legge sugli organi collegiali della scuola, e condividiamo con voi la necessità di una riforma che aumenti l’efficienza delle istituzioni scolastiche e snellisca i procedimenti decisionali, ma al contempo riteniamo l’aumento degli spazi di partecipazione e di corresponsabilità per gli studenti e per i genitori una esigenza di pari urgenza e necessità. Riteniamo infatti che una riforma degli Organi Collegiali, volta a rendere maggiormente efficiente la gestione della scuola, non possa in alcun modo comportare la restrizione della partecipazione degli studenti, che anzi riteniamo vada incoraggiata e promossa, e che l’impegno di questi ultimi non vada relegato a mera funzione di controllo, ma sia orientato ad una piena condivisione della responsabilità con le altre componenti scolastiche.

Riconosciamo anche noi la crisi partecipativa latente nelle nostre scuole. Ma non per questo riteniamo che vada abbandonato lo strumento educativo che può rilanciare una cultura della cittadinanza e della partecipazione tra gli studenti e tra le famiglie. A nostro parere non si tratta quindi soltanto di ideare nuovi strumenti di autogoverno della scuola dell’autonomia ma di ricreare gli spazi per una responsabilità partecipata del processo educativo.

Procedendo ad una analisi comparata dei vari disegni di legge, è nostra intenzione soffermarci sui quattro nuclei tematici indicati nella griglia da voi inviataci, nella speranza che si possa pervenire ad ampie convergenze da parte di maggioranza e opposizione sui punti maggiormente problematici, al fine di garantire una riforma quanto più condivisa e quindi stabile e duratura

A) Autogoverno delle Istituzioni Scolastiche

Prendiamo atto che nelle diverse proposte di legge presentate si dà luogo ad un’ampia devoluzione all’autonomia delle singole istituzioni scolastiche della redazione delle norme per il funzionamento e la composizione dei propri organi di indirizzo, programmazione, gestione e valutazione. Ciò è certamente una garanzia ed un notevole riconoscimento dell’autonomia statutaria delle scuole, ma riteniamo che sia opportuno fissare per via legislativa dei limiti e delle indicazioni generali alle quali le singole istituzioni scolastiche debbano attenersi, ed in particolare riteniamo sia opportuno che siano indicati:

  • il rapporto numerico tra docenti, studenti e genitori, che sarebbe auspicabile fossero presenti in misura paritaria
  • la durata in carica della componente studentesca presente nei vari organi

A questo riguardo in particolare i progetti di legge C. 953 e C 1262 prevedono che mediante Regolamento la singola istituzione Scolastica possa prevedere ulteriori spazi partecipativi per gli studenti ed i genitori. Non possiamo che accogliere con favore questa norma, ma al fine di richiamare al senso stesso di una tale partecipazione delle famiglie al governo della scuola, ovvero non certo formalità burocratica di controllo di un servizio ma strumento di piena corresponsabilità al processo educativo, chiediamo che vengano precisati gli ambiti per i quali non si può prescindere dalla partecipazione di studenti e genitori alla determinazione dell’indirizzo ed alla programmazione dell’istituzione scolastica. Di particolare importanza ci pare a questo riguardo la necessità di fissare a livello legislativo modalità e funzioni di partecipazione dei rappresentanti degli studenti e dei genitori al consiglio di classe, luogo cruciale della programmazione dell’attività didattica, per il quale vorremmo fosse esplicitato dalla legge funzionamento e composizione.

Riteniamo poi che a livello legislativo vadano garantiti e rilanciati quegli strumenti di partecipazione già esistenti, come ad esempio i comitati studenteschi e le assemblee, i quali notiamo con rammarico che non sono menzionati nei due testi.

Riguardo all’Organo di Governo (chiamato Consiglio d’Amministrazione nella proposta c. 953 e Consiglio dell’Istituzione Scolastica nel testo C. 1262), pur comprendendo le necessità di “snellimento” di una tale assise, riteniamo il numero massimo di partecipanti proposto dal testo C.953 (un totale di undici in merito al quale non è chiaro se vadano compresi anche i membri esterni) troppo esiguo al fine di non mortificare la rappresentanza delle varie componenti della comunità scolastica in seno al consiglio ed in particolare di garantire una rappresentanza adeguata a tutti gli studenti.

A proposito per l’appunto della partecipazione dei rappresentanti degli studenti a tale organo, non possiamo che mostrare la nostra forte perplessità per la disposizione contenuta nella proposta C. 953 che vincolerebbe il diritto di voto degli studenti in merito alle delibere riguardanti il programma annuale delle attività al loro stato di maggiore età. Tale disposizione mortificherebbe la rappresentanza degli studenti e la loro facoltà di intervenire in misura determinante in merito al piano dell’offerta formativa per il quale, anche se minorenni, non possono non avere diritto di voto.

Sempre in merito al Consiglio di Amministrazione o Consiglio dell’Istituzione Scolastica riteniamo che sia auspicabile che la presidenza dello stesso venga affidata come attualmente accade ad un soggetto diverso dal Dirigente Scolastico, al fine di per garantire l’autonomia decisionale del Consiglio stesso.

Per quanto riguarda invece la partecipazione di componenti esterni e dei rappresentanti dell’ente che fornisce i locali all’Istituzione Scolastica, riteniamo che questa presenza possa contribuire ad arricchire i lavori del consiglio, aprendo la scuola al territorio e alle realtà che operano in esso. Allo stesso tempo però riteniamo che sia opportuno limitare la partecipazione di esterni ad una percentuale prefissata dalla legge ed inoltre prevedere che questi abbiano una funzione consultiva, e non quindi, diritto di voto.

Accogliamo poi con soddisfazione la proposta avanzata nel testo C. 1262 della costituzione di consigli scolastici territoriali, regionale e nazionale e auspicheremmo l’integrazione di tale proposta nel testo di legge prodotto dal lavoro di questa commissione.

Sui punti B)Stato Giuridico dei Docenti, C) Percorsi di formazione iniziale, abilitazione all’insegnamento e modalità di reclutamento e D) Autonomia finanziaria delle istituzioni scolastiche e libertà di scelta educativa delle famiglie

Per quanto riguarda le disposizioni previste dal testo C. 953 riguardo lo stato giuridico dei docenti, i percorsi di formazione iniziale, abilitazione all’insegnamento e modalità di reclutamento, pur non sentendoci in grado di poter offrire un contributo qualificato, ribadiamo che il miglioramento del sistema scolastico passa necessariamente e prioritariamente dalla formazione degli insegnanti e che è indispensabile una classe docente competente dal punto di vista disciplinare ma soprattutto appassionata e preparata pedagogicamente al proprio compito educativo. Riteniamo dunque che sia necessario un serio ripensamento del sistema di reclutamento degli insegnanti che premi le competenze più che l’anzianità di servizio e che venga posta al più presto una soluzione al blocco delle graduatorie, che attualmente preclude l’accesso all’insegnamento a tanti giovani neolaureati preparati e motivati. Se il meccanismo delle carriere può costituire un utile incentivo, nutriamo però perplessità riguardo alla composizione della commissione di valutazione che dovrebbe fornire il credito professionale ai fini della carriera dei singoli docenti, i cui rapporti di rappresentanza tra docenti interni ed esperti esterni dovrebbero a nostro parere essere totalmente invertiti. Riguardo poi al meccanismo dei concorsi d’istituto non riteniamo che il principio dell’autonomia delle scuole implichi di per sé che le procedure selettive debbano essere delegate alle istituzioni scolastiche o bandite dai dirigenti scolastici, e vediamo anzi in tale procedura un grave rischio di possibili abusi. Auspichiamo piuttosto la soluzione del problema del reclutamento attraverso la proposizione regolare di periodici concorsi nazionali per ciascuna delle categorie di avanzamento di carriera.

Riguardo infine all’autonomia finanziaria delle istituzioni scolastiche e alla libertà di scelta educativa delle famiglie, temiamo che lo strumento della “quota capitaria” previsto dall’articolo 11 dell’A.C. 953, possa dare origine a un circolo vizioso a causa del quale le scuole eccellenti e quindi più “gettonate” abbiano a disposizione le risorse per diventare sempre migliori mentre le scuole che versano in situazioni difficili vengano man mano abbandonate ad un destino sempre peggiore. Per tale motivo riteniamo che i criteri di equità menzionati nel testo c. 953 vadano posti al centro del meccanismo di distribuzione delle risorse, facendo in modo che le scuole con maggiori difficoltà, specialmente nel mezzogiorno del paese, siano sostenute in maniera adeguata, ed al contempo garantendo degli incentivi a quelle scuole che raggiungono i livelli di eccellenza.

Ringraziando gli onorevoli deputati per averci offerto la preziosa opportunità di contribuire ai lavori del Comitato ristretto, accogliamo l’invito di questa commissione alla riflessione intorno alla riforma degli Organi collegiali e reclutamento e formazione dei docenti dedicando le giornate di studio del nostro convegno nazionale del 24-26 aprile alle tematiche di legislazione scolastica attualmente in discussione, al fine di elaborare contributi più puntuali e raccogliere i pareri della base del movimento intorno a questi temi.

Roma, 10 febbraio 2009

La Segretaria Nazionale

Dott.sa Saretta Marotta

Il Delegato per i rapporti con il MIUR

Agatino Lanzafame

Il MSAC di nuovo alla Camera. Stavolta OO.CC

Il MSAC torna ad essere convocato alla Camera dei Deputati, stavolta su diretta segnalazione di alcuni onorevoli.

Si tratterà infatti di un Comitato ristretto istituito per l’esame delle proposte di legge C. 953 Aprea, adottata come testo base, e sulle abbinate C. 808 e 813 Angela Napoli, C. 1199 Frassinetti, C. 1262 De Torre, C. 1468 De Pasquale e C. 1710 Cota concernenti “Norme per l’autogoverno delle istituzioni scolastiche e la libertà di scelta educativa delle famiglie, nonché per la riforma dello stato giuridico dei docenti”, presso la VII Commissione della Camera.

Il MSAC è atteso martedì 10 febbraio 2009, alle ore 11.30.

Ministro on the tube

“Ho deciso di apirire un canale su Youtube perchè intendo confrontarmi con voi sulla scuola e sull’università. Voglio accogliere idee, progetti, proposte, anche critiche. Una cosa non farò mai: difendere lo status quo o arrendermi ai privilegi e agli sprechi. Dobbiamo avere il coraggio di cambiare e lo dobbiamo fare insieme.”

http://www.youtube.com/mariastellagelmini

e voi? che ne pensate?

Che fine ha fatto la “riforma”?

Rimandati al 2010. Sarebbe questa la fine ingloriosa degli “urgenti provvedimenti in materia di istruzione” che tanto hanno fatto scaldare gli animi e le piazze in questo lunghissimo autunno di mobilitazione. La riforma degli ordinamenti delle superiori sarebbe posticipata all’anno scolastico 2010/2011, mentre il tanto discusso “maestro unico” o maestro prevalente a 24 ore settimanali sarebbe una scelta lasciata alla discrezione delle famiglie. Ma allora riforma sì o riforma no? C’è o non c’è questo tanto conclamato passo indietro? Vediamo di fare chiarezza…

Cominciamo dal dl 137, quello approvato a fine ottobre, quello col voto di condotta, maestro unico e cittadinanza e costituzione, per capirci. Nato il 1 agosto 2008, nell’amniotico calderone di disegno di legge dentro al quale galleggiavano provvedimenti disparati, dai debiti formativi alla formazione degli insegnanti, dalla carta dello studente al monte di 33 ore (poi cassato) per la “nuova” materia Cittadinanza e costituzione, il dl 137, presentato il 28 agosto, ereditava le contraddizioni dovute ai tagli del decreto fiscale 112 (poi diventato legge 133) e veniva accolto dalla comunità studentesca con la massima agitazione, allibita dalla reintroduzione della valutazione del comportamento e dalla votazione numerica per elementari e medie. Il dl, però, non conteneva ancora il famigerato art. 4, quello del “maestro unico”, che è inspiegabilmente apparso nell’arco del brevissimo tragitto (meno di un paio di giorni) intercorso tra la presentazione al tavolo del Consiglio dei ministri e la firma alla scrivania del Presidente Napolitano, il 1 settembre. È stato quell’articolo a toccare le delicatissime terminazioni nervose di interessi corporativi e di sindacato che da quel momento hanno scatenato orde di insegnanti scesi in piazza a protestare fianco a fianco con gli studenti, prima col lutto al braccio, poi con le parate sotto ai balconi del ministero. Solo allora la protesta ha cominciato a far rumore.

Eppure già in giugno, da quel contestatissimo articolo 64 del decreto di programmazione fiscale triennale, si era cominciata ad intendere l’antifona che avrebbe accompagnato la marcia decisa ed inesorabile dell’intera legislatura. L’art. 64 della legge 133, ovvero la vera “riforma” della scuola. Perché sarà pur vero che non c’è nessun piano organico di ristrutturazione del sistema scolastico, che non c’è nessun “rapporto” (come invece per la Moratti fu il rapporto Bertagna) o documentazione pedagogica che sostenga quelli che restano provvedimenti singoli e slegati rispetto ad un unico articolato legislativo che continua palesemente a mancare, ma quell’unico articolo della legge 133, e soprattutto il “piano di programmazione della scuola” che esso ha implicato, la scuola la cambiano eccome. Del resto è difficile che l’istituzione scolastica resti la stessa quando si annuncia il taglio di 130.000 organici (tra docenti e ATA), il riordino (leggi “razionalizzazione”) amministrativo e strutturale della rete scolastica e la riorganizzazione (leggi “taglio dell’orario settimanale”) dei curricula e degli ordinamenti didattici. Tre ambiti di intervento che si traducono semplicemente in 1)più alunni per classe -in MEDIA 30!- 2)accorpamento delle classi di concorso e quindi delle cattedre 3)chiusura –speriamo solo amministrativa – delle scuole con meno di 500 studenti (300 per le zone di montagna)

Eppure come sempre il cambiamento lo determinano non gli articolati legislativi quanto i regolamenti di attuazione. Ed erano proprio quelli ad essere attesi in questi giorni, quando tutta la comunità scolastica si chiedeva che ne sarebbe stato in traduzione pratica di quanto previsto dalla “riforma”. Se lo sono chiesto soprattutto le regioni che hanno dato battaglia accanita al governo, dopo quel dl 154 che le costringeva ad approntare, entro il 30 novembre di ogni anno (a partire già dal 2008) il piano di riorganizzazione delle proprie strutture scolastiche, pena il commissariamento della faccenda ad uno speciale incaricato inviato dal governo centrale… a spese delle regioni, naturalmente. Gli enti locali non hanno voluto saperne e alla fine il braccio di ferro si è concluso con il rinvio della riorganizzazione della rete scolastica al 2010-2011. Sconfitta dunque per la Gelmini, ma soprattutto per il piano di risparmio di Tremonti che, a questo punto, a legge 133 approvata, naufragata l’ipotesi di risparmio attraverso la razionalizzazione strutturale della scuola, deve pur sempre trovare il modo di far quadrare i conti. E i fondi preventivati come risparmio nell’ambito dell’istruzione – risparmi che solo al 30% sarebbero stati reinvestiti nella scuola – bisogna in qualche modo farli saltar fuori.

A questo scopo viene in aiuto l’eredità lasciata da Padoa-Schioppa, ovvero la cosiddetta “clausola di sicurezza”, in virtù della quale quanto non risparmiato col taglio degli organici previsto nella finanziaria viene recuperato riducendo i trasferimenti diretti dal Ministero alle istituzioni scolastiche, ovvero i fondi per l’autonomia, i fondi della legge 440.

Per intenderci, sono i soldi che regolano il normale funzionamento delle scuola, dall’acquisto degli arredi (scrivanie, registri, lavagne) al piano dell’offerta formativa, dalle supplenze alle attività promosse da studenti e insegnanti. Significa che se in una casa ci sono troppi domestici, siccome ci vuole tempo a riformulare i contratti, intanto si comincia a tagliare i viveri. Per Padoa-Schioppa era un virtuoso principio per cui dallo stimolo si arrivava ad accelerare il risparmio. Applicato alla legge 133 è un dichiarato assassinio.

E mentre si delinea questo scenario finanziario per le scuole affidate alle cure e alle coliti dei dirigenti scolastici, ci si chiede in che modo possa essere applicato il dl 137, la cui approvazione presso Camera e Senato è stata ottenuta, è proprio il caso di dirlo, sub conditionem. Le “condizioni” imposte dalle commissioni Cultura del Parlamento hanno imposto, ad esempio, che il tempo pieno nella scuola primaria sia in ogni caso assicurato, che per le elementari le famiglie abbiano la possibilità di scelta tra modelli a 24 ore, a 27 o 30, (quindi il maestro “unico” diventa scelta facoltativa), che gli insegnanti di sostegno siano in numero di 1 ogni 2 disabili, eccetera. Anche in questo caso si pone il problema di quanto queste ragionevoli garanzie siano conciliabili con i tagli previsti dalla finanziaria e che il “piano programmatico” avrebbe dovuto attuare. Se non si taglia sugli insegnanti e sulle ore d’insegnamento, dove si praticherebbe il risparmio? la risposta è sempre nella legge 440.

Intanto oggi [18 dicembre] il ministro ha trionfalmente annunciato la “prima riforma organica di tutti i cicli (elementari, medie, superiori) dai tempi della riforma Gentile del 1923”. Riforma appunto che partirà dal 2010 e che vedrà la riorganizzazione (o piuttosto “riductio ad unum”) degli indirizzi di studio, dei curricula, dei piani orari, il passaggio dalle ore di 50 minuti a quelle di 60’, più inglese e matematica ai licei, riduzione a 32 ore da 40 dell’offerta dei professionali, molti dei quali smembrati negli indirizzi affini degli istituti tecnici, veri e propri “premi di produttività” (quali i meccanismi di valutazione?) per incentivare il merito degli insegnanti…

Sono provvedimenti che costituiscono l’applicazione di quanto stabilito nel “piano programmatico” per la scuola, ma l’impressione è che il “piano” resti una riforma a metà. Non soltanto sul piano pedagogico (manca totalmente una organica riflessione sui “saperi”), ma anche nelle intenzioni dello stesso governo e del ministro. La questione delle cattedre è infatti essenziale per la definizione dei nuovi quadri orari e finché tale questione non sarà chiarita, l’intera applicazione (appunto posticipata di due anni) della sbandierata “riforma” dell’istruzione pare ancora molto nebulosa.

In mezzo a questa linea d’ombra si delineano allora solo le vittime al momento certe della mannaia del risparmio, i soggetti che, nel gran polverone dell’Onda, sono rimasti difesi da nessuno: il personale ATA, il cui taglio del 35% è una delle poche certezze della legge 133, e l’autonomia della scuola. Gira e rigira, in questo senso la riforma è già adesso.

(scritto per “Argomenti 2000“)

Oggi voto definitivo in Senato per il decreto 137

Questa è la storia di pochi articoli legislativi, una dozzina in tutto, usciti in fila dalla penna del ministro Maria Stella Gelmini nei complicati giorni del dopo finanziaria, quando, ingoiato il boccone amaro dell’art. 64 del decreto fiscale, quello che interviene pesantemente sulle risorse scolastiche, il giovane ministro della Repubblica ha insistito presso il Consiglio dei Ministri per poter presentare un disegno di legge sulla scuola tutto a sua firma. Una piccola enciclopedia della propria personalissima idea di istruzione condensata in pochi provvedimenti, riguardo diversi ambiti dello scibile scolastico. Ne è venuto fuori il ddl del 1 agosto, piombato di punto in bianco quest’estate sul mondo della scuola, convocato, tra associazioni studentesche, dei docenti e dei genitori (MSAC compreso), di tutta fretta e personalmente da Gelmini il giorno prima della presentazione del disegno di legge. La travagliata storia del dl 137, attualmente in discussione in Parlamento, comincia da qui. Provvedimenti circoscritti che, a ragione, lo stesso Ministro rifiuta categoricamente di chiamare “riforma”, secondo l’etichetta appioppata loro dalla pubblica opinione, riconoscendo che si tratta piuttosto di interventi che curano forse più gli effetti che le cause.

La magnifica dozzina originariamente compresa nel disegno di legge prevedeva, oltre al voto di condotta, la regolamentazione dei debiti formativi (la questione più scottante fino a quel momento), la nomina dei docenti direttamente da parte dei dirigenti scolastici (poi cassata/rimandata), fino a sincere buone intenzioni, poi omesse, nei confronti degli studenti, come gli incentivi alla ricerca e i provvedimenti per il diritto allo studio degli universitari. Non ultima la nuova materia “Cittadinanza e costituzione”, per la quale, nella sua ansia di far bene, forse un eccesso di zelo aveva spinto il legislatore ad indicare, oltre al monte orario di 33 ore, persino che “entro 30 giorni dall’entrata in vigore della legge, è determinato il contenuto dell’insegnamento”. Uno scivolone che non teneva in conto il principio dell’autonomia didattica delle scuole e che infatti nelle successive rielaborazioni è saltato via, purtroppo insieme alle indicazioni orarie, lasciando il tutto un po’ nebuloso.

Quello che più disorienta del decreto Gelmini è certamente il metodo con il quale si è proceduto. Dall’iniziale disegno di legge, che avrebbe quindi previsto iter e tempi di discussione parlamentare standard per l’approvazione, si è passati entro la fine del mese ad un brusco ripensamento, ripresentando invece, in forma e tempi ridotti, una decretazione d’urgenza. Tra l’altro il 28 agosto, nell’ambito del Consiglio dei Ministri che approvava il dl, sparivano la maggior parte degli articoli; a sorpresa, invece, veniva aggiunta in extremis, su diretto suggerimento del Ministro Tremonti, che pochi giorni prima dal pulpito cartaceo delle pagine del Corriere ne aveva vaticinato la dottrina, la valutazione alle elementari e medie in numeri decimali, piuttosto che in giudizi, rivoluzionando l’algebra dell’educazione. L’epopea del dl 137 ha previsto ancora, nel corso del tragitto dal tavolo del CdM alla scrivania del Presidente della Repubblica per la firma definitiva, l’introduzione di un ulteriore provvedimento, quello del maestro prevalente, che ha scatenato la polemica più forte. Rivendicazioni sindacali e clamore dei pedagogisti hanno così sollevato il problema di un decreto che altrimenti sarebbe probabilmente passato inosservato, al massimo additato come la norma che gli studenti non vogliono per voto di condotta e grembiule (ma il benedetto grembiule, si controlli bene, nell’articolato non c’è). E’ questo l’elemento più preoccupante di tutta la vicenda, ovvero la profonda disinformazione intorno al provvedimento, che di fatto nasconde, complice il polverone mediatico che gli si è scatenato intorno, la vera portata di quella che forse a ragione può essere considerata la vera “riforma” della scuola, ovvero l’articolo 64 della legge finanziaria. Un capitolo del decreto fiscale dedicato all’istituzione scolastica che, oltre ai famosi tagli dei 143.000 organici nelle scuole, tra docenti e personale ATA, prevede un “piano di razionalizzazione” la cui definizione sta procedendo di pari passo a quella del dl. Innalzamento del numero di alunni per classe, accorpamento di indirizzi di studio e cattedre (le classi di concorso per l’abilitazione dei docenti), riduzione e riorganizzazione dei curricula orari per ogni ordine di studi, chiusura degli istituti sotto la soglia dei 300/500 studenti (prospettando così, nei piccoli centri, il probabile pendolarismo anche alle elementari) e tagli alla formazione serale per gli adulti, sono solo alcuni dei provvedimenti tirati in ballo. Un quadro che certamente non prospetta un futuro roseo per il mondo dell’istruzione e della formazione e che non sottrae la direzione ministeriale all’accusa di scarso o praticamente nullo investimento strategico nel settore della scuola e della ricerca. Tra l’altro rimane un cattivo segno di dialogo anche il fatto che questo decreto, pur di passare l’iter delle camere entro i tempi stabiliti (250 emendamenti raccolti solo tra i deputati), ha richiesto un maxiemendamento ed il voto di fiducia, confermando in questo modo la “cattiva condotta” dei suoi promotori. C’è dunque in ballo qualcosa di molto di più della ridicola questione dei grembiulini. A noi riaffermare con forza che rigore e competenza non li fanno scampoli di stoffa e i numeri sul registro. E incrociare le dita. Come per il resto.

pubblicato per “Segno”

Studenti stranieri. Un consiglio bibliografico

per chi volesse informarsi sull’inserimento degli studenti stranieri nella scuola italiana: