Stamattina il MSAC è tornato in Parlamento. Questa volta ad ascoltare la segretaria nazionale del MSACc’erano i senatori della VII commissione sull’Istruzione. I temi all’odg: decreto 137 e piano programmatico sulla scuola. Ecco il testo dell’intervento:
AUDIZIONE PARLAMENTARE – 14 OTTOBRE 2008
SENATO DELLA REPUBBLICA– VII COMMISSIONE PERMANENTE
MEMORIA DELLA SEGRETERIA NAZIONALE DEL
MOVIMENTO STUDENTI DI AZIONE CATTOLICA
Onorevoli Senatori di questa commissione, desideriamo innanzitutto ringraziarvi per l’opportunità accordataci di rendere manifeste le nostre posizioni e proposte in riferimento ancora una volta alla legge di conversione del D.l. 137 e soprattutto al piano programmatico della scuola, su cui molto si concentrano le nostre apprensioni. L’attenzione che le massime istituzioni democratiche del paese mostrano nei confronti delle istanze che in questi giorni sono emerse dalle diverse componenti del mondo della scuola ci conforta e ci incentiva nel nostro impegno associativo tra gli studenti, nella contestuale speranza che un pari livello di cura sia adottato nell’ascolto e nella ricezione delle sollecitazioni da tutti noi provenienti.
Riguardo al fatto che l’iter di approvazione alla camera si sia concluso con un voto di fiducia, non possiamo non dire che, pur comprendendo come tale esito si sia reso necessario, insieme alla proposta di un unico maxi-emendamento, al fine di concludere il dibattito tra i deputati entro i tempi di scadenza del decreto, proprio le difficoltà nella gestione dei tempi di confronto ed il gran numero di emendamenti presentati non fa che confermare i dubbi e le preoccupazioni da più parti sollevate circa il metodo di elaborazione di tale provvedimento, che senz’altro ha molto sacrificato il dibattito parlamentare e la concertazione con le varie rappresentanze del mondo della scuola. Ribadiamo che la decretazione d’urgenza non ci sembra la formula migliore perché qualsiasi riforma di rilievo del sistema scolastico possa essere frutto della più ampia condivisione possibile
Entrando nel merito dei provvedimenti oggi in esame, ci pare che la scuola italiana abbia ancora bisogno di una riforma organica, che non sia la miscellànea venuta fuori dalla somma di singoli provvedimenti che incidono solo sugli effetti più visibili del problema, una riforma condivisa, da maggioranza e opposizione, perché non si debba ricominciare da capo ad ogni cambio di governo, studiata, cioè che sia frutto di una riflessione pedagogica ed educativa ad ampio respiro, mettendo in rete le competenze degli esperti, al di là degli schieramenti politici. Non ci pare purtroppo che il dl 137 risponda a tali esigenze e ci rammarica soprattutto il fatto che a tal proposito molto più incisivo del decreto di iniziativa ministeriale sia il piano programmatico per la scuola, inserito in un più ampio contesto di legislazione finanziaria e non in un progetto di legge specificatamente dedicato all’istruzione
Proprio da quest’ultimo provvedimento vorremmo partire per sottoporre all’attenzione di questa commissione parlamentare le nostre perplessità in merito ad alcuni punti problematici a nostro parere meritevoli di ulteriore analisi.
• Il piano programmatico per la scuola di cui all’art. 64 della legge 133 del 2008 prevede interventi nell’ambito di tre macro-aree: la revisione degli ordinamenti, la riorganizzazione della rete scolastica e la razionalizzazione delle “risorse umane”. Riguardo al primo punto la riduzione dell’orario settimanale, con conseguente riorganizzazione dei curricula, per scuola primaria e secondaria di primo e secondo grado, fino all’istruzione per adulti, desta in noi notevoli perplessità. A Barbiana i ragazzi di don Lorenzo Milani amavano ripetere che agli studenti va offerta la scuola a tempo pieno. è il primo rimedio per adempiere quell’art. 3 della Costituzione della Repubblica che prevede la rimozione di tutti gli ostacoli di ordine economico e sociale che impediscono la piena formazione di “cittadini sovrani”. La qualità dell’insegnamento è anche una questione di quantità e in ciò non si può prescindere dall’assegnazione di un monte ore adeguato per lo svolgimento dell’attività didattica. In questo senso ci preoccupa soprattutto la riorganizzazione dei piani di studio degli istituti tecnici e professionali, di cui si prevede l’accorpamento in un minor numero di indirizzi e la considerevole riduzione dell’orario settimanale ad un massimo di 32 ore, comprese le ore laboratoriali. Auspichiamo che ciò non avvenga a scapito dell’offerta agli allievi di strumenti culturali e professionali idonei ad un loro proficuo inserimento nel mercato del lavoro, anche attraverso una attività didattica centrata sulla circolarità tra teoria e pratica, tra attività in aula ed attività in laboratorio.
· Riguardo al dimensionamento degli istituti, pur comprendendo le esigenze di riorganizzazione e razionalizzazione della rete scolastica, non possiamo non porre all’attenzione di questa Commissione la varietà delle situazioni presenti sul territorio italiano, per cui la soglia “agevolata” dei 300 alunni per le zone montane e le piccole isole potrebbe rivelarsi comunque troppo alta a fronte dei numerosi casi in cui la mobilità degli studenti è fortemente limitata, soprattutto nella stagione invernale. Sottolineiamo inoltre le implicazioni che l’aggravio dei costi di trasporto comporterebbe sul diritto allo studio, nonché l’impreparazione di molte strutture edilizie ad accogliere comunità scolastiche tra i 500 e i 900 studenti, come previsto dal piano programmatico. La soppressione degli istituti nei piccoli comuni, poi, verrebbe a privare certi territori di un fondamentale presidio pubblico e culturale, luogo di educazione, di identità, di futuro. Chiediamo dunque che la razionalizzazione della rete scolastica possa essere avviata sulla base di criteri non generalizzati, ad esempio operando prevalentemente nelle aree urbane o in rapporto al numero di studenti per numero di abitanti, vagliando ove possibile l’opportunità caso per caso.
·A proposito infine della “razionalizzazione dell’utilizzo delle risorse umane”, ci pare che, come già lucidamente individuato dal Ministro Gelmini, il miglioramento del sistema scolastico non possa non passare necessariamente dalla formazione degli insegnanti. Le nostre analisi però differiscono alquanto in merito al metodo attraverso cui potenziare l’apporto dei docenti al sistema di istruzione e formazione scolastica. Non ci pare tanto questione di incentivi economici, quanto piuttosto di competenze valorizzate e riteniamo che sia necessario un serio ripensamento del sistema di reclutamento degli insegnanti basato senz’altro sul merito. Il progetto di accorpare le classi di concorso per l’accesso all’insegnamento, ovvero le cattedre, come strumento per una maggiore “flessibilità didattica” purtroppo non ci vede convinti così come allo stesso modo ci preoccupa l’innalzamento del rapporto studenti/docenti, che non ci sembra garanzia per un regolare svolgimento dell’attività formativa, consapevoli che nelle realtà delle nostre scuole già allo stato attuale spesso il poco tempo curriculare a disposizione, da dividere tra spiegazioni e verifiche individuali e di gruppo, non consente spazi distesi per l’approfondimento del programma, tantomeno per un accompagnamento personalizzato nel percorso formativo. Riguardo alla riorganizzazione del personale sottolineiamo infine come la riduzione del personale ATA possa gravemente inficiare il corretto svolgimento delle attività scolastiche, specie per i servizi amministrativi, ma anche per l’ordinaria manutenzione delle scuole. Pur essendo consapevoli della necessità di ridurre la spesa pubblica, non crediamo che si possa continuare a far fare sempre alla scuola italiana la fine di Cenerentola. L’istruzione non può essere considerata, come è stato fatto finora, come un capitolo di spesa tra gli altri. E’ invece una importante leva di cambiamento sociale, premessa indispensabile alla costruzione di una società democratica, in cui i cittadini si riconoscano nella comune partecipazione al bene comune, purché il prezioso dono dell’educazione venga offerto davvero a tutti.
In ultima analisi, riguardo la legge di conversione del dl 137, ribadiamo le perplessità già avanzate presso la Commissione Cultura della Camera dei Deputati durante l’audizione informale del 16 settembre 2008 e che a questo testo alleghiamo. Integriamo quelle osservazioni accogliendo positivamente l’introduzione degli articoli riguardo i libri di testo ed i provvedimenti per la sicurezza e l’edilizia scolastica, auspicando inoltre che al più presto si affronti con determinazione la predisposizione di una legge quadro nazionale sul diritto allo studio che, di concerto con le normative regionali, garantisca un livello minimo di prestazione agli studenti di tutto il Paese.
Roma, 14 ottobre 2008
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il fatto inequivocabile è che le orecchie cui sono diretti i discorsi che nascono nelle scuole hanno altri linguaggi che rimbombano e producono echi in altre direzioni. C’è una finanziaria che deve dragare i fondi di tutti i possibili fiumi di danaro (ovviamente pubblico, il privato non si tocca, anzi il privato abbisogna di ossigeno e lo si trova solo dal fondo pubblico) e il meno cruento e pericoloso da convogliare in altre canalizzazioni di spesa (privata) da fondi pubblici ,è la scuola,dunque le si taglia mani e piedi, la si discredita dopo averla per anni impoverita. e non solo con tagli di fondi, ma obbligandola a lavorare con misure da ragionieri, non certo da educatori,manovrando procedure di riduzione della preparazione scolastica (i debiti da recuperare con formule che avevano come unico scopo il rimbecillimento, l’ignoranza programmata degli studenti, con frane e falle orrende:ma tanto il ministero vuole che…).Burocrazia fallimentare di una economia disastrosa. Mai visto che si produca tagliando le risorse di materia prima! Questo è la scuola.Materia prima, ma non per produrre allevamenti bovini o suini o caprini, intelligenze! In questi anni le proposte passate per riforme hanno ammalato le risorse che la scuola aveva e ha in sé, eppure ha continuato a produrre contro ogni malefico intervento prodotto ora da questo ora da quell’intervento del ministro salito in una cattedra da cui legiferava in un periodo sempre troppo breve per cogliere il frutto di ogni intervento falloso e fallimentare poichè ha tenuto conto solo dell’attimo modesto tra oggi e il giorno subito seguente. Questo manca alle proposte:sono fallimentari perchè prodotte da chi sta sprofondando nella stessa sporca acqua che ha contribuito ad intorbidire ed avvelenare, con il qualunquismo e la faciloneria con cui si è creduto capace di intervenire guardando nella minuscola ampiezza del suo temporaneo potere e non guardando oltre, considerando la collettività di cui dovrebbe farsi davvero PORTAVOCE, non di sè stesso inventando piccoli show vuoti di ogni bene a lunga durata. Questo ormai è diventata la politica uno show a tema.POLEIS è un(o) (S)TERMINATO, ignorato.Politica è show e buisness. Ciò che si pretende inoltre e si mostra di fare è di agire con un atto di forza proclamandosi un regime democratico. Ma dove si sono mai visti simili paradossi? f.f.