Non è un gioco da ragazzi

Perché contrastare la cultura dell’azzardo

*Di Margherita Pirazzini, membro dell’equipe MSAC della diocesi di Imola

Prima di leggere queste righe, voglio che tu faccia un piccolo sforzo: richiama alla mente la tua città e immagina di passeggiare per il centro storico. A te la scelta se fischiettare o meno. Da bravo e onesto cittadino guardati intorno, presta attenzione ai dettagli, fai scivolare gli occhi su quei negozi, su quelle vetrine, su quei monumenti così familiari da essertene quasi dimenticato. Prova a sentire il legame affettivo che ti lega a quei luoghi che ti hanno visto crescere e chiediti se ti senti coinvolto nel destino della tua città. Mentre pensi a cosa puoi fare per il tuo paese, fermati a leggere le locandine dei quotidiani locali esposte fuori dalla solita tabaccheria. Il bravo cittadino, quello che fischietta mentre passeggia e che raccoglie la bottiglia di plastica caduta a un bambino un po’ distratto, quel cittadino che ora ha la tua faccia, conosce e ama la propria città. Avrà notato sicuramente, quindi, che spesso tra le notizie locali e gli annunci sulle pareti dei bar spicca la frase “gioca la schedina e vince 3 miliardi di euro”: quale onore per il locale e per l’intera città aver ospitato una tanto copiosa e meritata vittoria! Indiscutibile motivo di vanto, da accompagnare rigorosamente all’intervista del fortunato. Dimentica per un attimo l’invidia per la vincita o l’indifferenza verso questo fatto, fermati prima di tentare la sorte a tua volta: ti sei mai chiesto dopo quanti tentativi il fortunato signore ha ottenuto la vittoria? Quanti soldi ha speso? Magari lo ha dichiarato nell’intervista. Chissà se nell’articolo troverai scritto anche quanti milioni di persone giocano d’azzardo in Italia ogni giorno senza vincere un euro. Chissà se troverai questo dato – il numero delle persone affette da dipendenza patologica – e non il valore della cifra che hanno giocato. Ci dimentichiamo in fretta che il gioco d’azzardo non è solo una questione di numeri o di fortuna; di fronte alle slot machines, al gratta e vinci, alle scommesse ci sono uomini e donne che perdono ogni giorno non un gioco ma, lentamente, la propria vita. Può essere definito tale un gioco che non diverte e non unisce? Un gioco che non ha un vero spazio per la persona e le sue abilità, anzi ne sfrutta le debolezze. Il guadagno statale dal gioco d’azzardo non compensa il danno (e il costo) umano e sociale alla persona. Allora ci si deve chiedere: cosa posso fare io? Per prima cosa posso prediligere gli esercizi commerciali che non incentivano nessuna forma d’azzardo e sostenerli nella loro scelta etica e sconveniente. In linea con questi propositi sabato 30 aprile eravamo in piazza Matteotti a Imola, in veste di msacchini e soprattutto di cittadini, alla campagna Slotmob insieme al suo economista Luigino Bruni per fare festa e riscoprire e promuovere il gioco come bene relazionale. Tantissime associazioni imolesi – Libera, Officina Immagina, Movimento Focolari, Agesci, Azione Cattolica, Acli, CSI… – hanno sostenuto l’iniziativa che si colloca in un progetto contro il gioco d’azzardo di Caritas, Sert e Comune di Imola il cui primo promotore è stato il gruppo dei Giocatori Anonimi. Lo Slot Mob si ripeterà in diverse città d’Italia per “premiare le virtù civili e soprattutto fare cultura e opinione”; uno degli obiettivi della mobilitazione è “richiedere una legge che limiti e regolamenti seriamente il gioco d’azzardo nell’interesse non delle lobby ma dei cittadini, soprattutto i più vulnerabili. Ci si sta attivando inoltre per mappare le città e stilare un elenco di esercizi commerciali che sono già slot-free e di quelli che lo vorrebbero diventare”. Scegliere in quale bar fare colazione o prendere un aperitivo spetta a voi: fate il vostro gioco!