le materie della seconda prova per la maturità 2013

Sono state scelte le materie per la seconda prova della maturità 2013. Il decreto è stato firmato dal ministro Profumo. Al classico si saluta il greco, quest’anno tocca al latino; Allo scientifico la consueta matematica; Lingua straniera al Liceo linguistico; Pedagogia al Liceo pedagogico; Disegno geometrico, Prospettiva, Architettura al Liceo artistico; Economia aziendale ai Ragionieri, Tecnologia delle costruzioni ai Geometri; Alimenti e alimentazione all’Istituto professionale per i servizi alberghieri e della ristorazione. Sono queste alcune delle materie scelte per la seconda prova scritta degli Esami di Stato 2013 e contenute nel decreto firmato dal ministro Francesco Profumo, che individua, tra l’altro, anche le materie assegnate ai commissari esterni. Il decreto, per la prima volta protocollato attraverso una procedura informatica e non più cartacea, è ora in via di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.
Le prove scritte dell’Esame di Stato dell’anno scolastico 2012/2013 si terranno il 19 giugno (prima prova) e 20 giugno (seconda prova).

Licei

  • Liceo classico: Latino;
  • Liceo scientifico: Matematica;
  • Liceo linguistico: Lingua straniera;
  • Liceo pedagogico: Pedagogia;
  • Liceo artistico: Disegno geometrico, Prospettiva, Architettura.

Istituti tecnici e professionali
Sono state scelte materie che, oltre a caratterizzare i diversi indirizzi di studio, hanno una dimensione tecnico-pratico-laboratoriale. Per questa ragione la seconda prova può essere svolta, come per il passato, in forma scritta o grafica o scritto-grafica o scritto-pratica, utilizzando, eventualmente, anche i laboratori dell’istituto.

Le materie scelte per alcuni indirizzi sono:

  • Istituto tecnico commerciale (ragionieri): Economia aziendale;
  • Istituto tecnico per geometri: Tecnologia delle costruzioni;
  • Istituto tecnico per il turismo: Lingua straniera;
  • Istituto professionale per i servizi alberghieri e della ristorazione: Alimenti e alimentazione;
  • Istituto professionale per i servizi sociali: Psicologia generale e applicata;
  • Istituto professionale per Tecnico delle industrie meccaniche: Macchine a fluido.

Settore artistico (licei e istituti d’arte)
La materia oggetto di seconda prova ha carattere progettuale e laboratoriale (architettura, ceramica, mosaico, marmo, oreficeria ecc.) e si svolge in tre giorni.

Materie affidate ai commissari esterni
Il decreto individua, inoltre, le materie affidate ai commissari esterni. Nella scelta delle materie affidate ai commissari esterni è stato seguito, laddove si è rivelato opportuno, il criterio della rotazione delle discipline. Si è dato comunque particolare rilievo agli insegnamenti di Matematica e di Lingua straniera. A questo proposito, si fa presente che quest’anno, per la prima volta, la Lingua straniera, negli istituti tecnici e professionali che prevedono tale insegnamento, è stata affidata ai commissari esterni.

Sono 50 gli istituti scolastici coinvolti nel progetto Esabac (erano 40 l’anno scorso), finalizzato al rilascio del doppio diploma italiano e francese ed attuato sulla base dell’Accordo Italo-Francese sottoscritto il 24 febbraio 2009.

Anche quest’anno dirigenti scolastici ed insegnanti presenteranno on line la domanda di partecipazione agli Esami di Stato in qualità di presidenti di commissione e di commissari d’esame.

 

trovate l’elenco completo delle seconde prove scritte all’esame di maturità cliccando qui

lettera del Ministro Francesco Profumo per le festività natalizie

Cari colleghi professori, ricercatori e personale scolastico dell’università e del ministero, care famiglie, carissimi studenti, desidero innanzitutto farvi i miei migliori auguri affinché le vostre feste siano serene e felici, e lo sia altrettanto il prossimo anno. Considero un vero privilegio aver trascorso con voi questo anno di lavoro e di comune impegno. Ho imparato tanto. Nonostante infatti tutta la mia vita si sia svolta nella scuola e nella formazione – per la mia professione, il mio ruolo di marito e di padre di tre figli – la responsabilità di fare il ministro in un momento così difficile per il nostro Paese è stata per me un’occasione unica per sentire quanto valore, orgoglio, professionalità, forza e risorse voi offriate all’Italia, giorno per giorno con il vostro impegno e fatica.

Occorre però riconoscere, e me ne assumo per intero tutta la responsabilità politica e morale, che nonostante i miei sinceri sforzi non sempre questo impegno è stato capito, raramente è stato valorizzato, quasi mai ha rappresentato una priorità per il Paese e le sue classi dirigenti. Basti pensare al mancato stanziamento di 300 milioni per il fondo di finanziamento ordinario delle università, un errore strategico che pregiudica il funzionamento dell’intero sistema della formazione superiore. Oppure ricordare come anche quest’anno si sia ritenuto di chiedere alla scuola, nonostante i tagli e le carenze di risorse e investimenti subiti negli ultimi anni, una riduzione delle risorse complessive.

A questa richiesta, che implicitamente sottintendeva purtroppo un mancato riconoscimento della centralità della scuola italiana nell’agenda politica dell’Italia, ho cercato  di dare una risposta – purtroppo obbligata –  che almeno prefigurasse un cammino di riforma del modello di insegnamento attuale, con tutte le difficoltà e le inevitabili incomprensioni, suscitate anche dal fatto che lo si doveva fare senza investimenti. Forse ciò era quasi impossibile da evitare, viste le condizioni dell’Italia quando il governo un anno fa ha cominciato a lavorare. Ciononostante, questa ultima questione, come altre – a partire dalla necessità di una riforma della struttura organizzativa della ricerca nazionale – rimangono aperte e saranno necessariamente affrontate da chi mi seguirà in questa delicata funzione. In particolare, penso all’edilizia scolastica, un patrimonio bisognoso di urgenti cure e ristrutturazioni, necessarie per assicurare una sicurezza e un agio ai nostri studenti che non possono venire da una pur necessaria modernizzazione e innovazione della didattica.

Il mio augurio a voi di serene festività coincide quest’anno con la conclusione del pieno mandato ministeriale e l’apertura di una fase di ordinaria amministrazione, nella quale vi assicuro lavorerò con la stessa energia e impegno dell’anno appena trascorso. Questo passaggio inevitabilmente mi spinge a tracciare un bilancio. Come avete letto, non solo non ho voluto evitarlo, ma per serietà ho inteso farlo cominciando dalle ombre e dalle questioni irrisolte, perché la soddisfazione piena e auto assolutoria non può  essere mai parte di un incarico civile, inteso come missione e progetto verso il futuro. Avere a cuore lo Stato e il bene pubblico significa infatti, per un sabaudo come me, guardare prima a ciò che rimane da fare piuttosto che alle cose fatte.

Ciò nondimeno, quest’anno abbiamo insieme realizzato molte cose che rimangono e costituiscono eredità e modello non solo per il sistema della formazione, ma per tutta la pubblica amministrazione: penso innanzitutto al concorso per nuovi insegnanti, il cui avvio senza macchia e senza problemi costituisce non solo un esempio di rispetto della legge e delle pari opportunità per tutti, ma anche un modello di efficienza e di processo esemplare per tutta la pubblica amministrazione dello Stato. Un successo il cui terreno è stato anticipato dal buon esito dell’entrata in vigore del plico telematico negli esami di Stato. Penso anche allo straordinario e meticoloso lavoro di riprogettazione di tutto il sistema di bandi della ricerca, per farne un volano di sviluppo e un moltiplicatore di risorse, invertendo quella tendenza alla dispersione che oggi vede l’Italia ottenere solo 60 centesimi per ogni euro versato all’Ue, a fronte dell’euro e mezzo circa di paesi come Gran Bretagna, Belgio e Austria; ed infine all’avvio del nuovo sistema universitario, con il definitivo varo del sistema dell’abilitazione nazionale.

Abbiamo tutti lavorato duramente. Le nostre fatiche acquistano un senso speciale perché sono per lo più rivolte a voi studenti e ai nostri figli e nipoti. Questo senso del futuro è una bussola di cui il Paese non può privarsi senza correre il rischio di smarrirsi. Il mio augurio per il prossimo anno è dunque quello che esso venga compreso e raccolto da chi viene dopo di noi. Anche su questo, potrete contare su di me.

Buone feste e buon anno a tutti voi

Francesco Profumo

 

Gli auguri di Natale di Monti

Cari ragazzi,

sono molto contento di potervi rivolgere un messaggio di auguri per il Santo Natale e le festività che sono oramai vicine.

Un augurio a voi, alle vostre famiglie, ai vostri insegnanti nella speranza soprattutto che il 2013 possa essere finalmente l’anno in cui il nostro paese ricomincia a crescere e ad essere protagonista di una ripresa economica che ridia certezze soprattutto a voi giovani, che vedete sempre più avvicinarsi il tempo delle scelte e cercate un’occupazione stabile e dignitosa.

I problemi che voi ragazzi vi ponete per il vostro futuro sono gli stessi che si pongono per il futuro dell’Italia. Perché un paese che non ascolta e non indirizza le nuove generazioni è un paese vecchio, stanco e che difficilmente riuscirà a vincere le sfide a cui è chiamato.

Osservo con attenzione la disillusione con cui molti di voi affrontano le sfide della vita quotidiana. Oggi bisogna essere consapevoli che ogni rinuncia è una perdita grave. Non possiamo e non dobbiamo permettercela. Bisogna reagire.

Abbiamo messo in sicurezza il paese, adesso dobbiamo ripartire. Occorreranno sempre più persone preparate, serie, capaci di leggere il cambiamento e saperlo guidare.

Dobbiamo scommettere sul futuro, voler essere attori protagonisti del rinnovamento nazionale. Chi più dei giovani ha interesse a prendere le redini del proprio futuro?

Adesso che, grazie all’impegno del Parlamento, molte riforme sono state completate mentre altre sono in dirittura d’arrivo, il mio desiderio è che il 2013 possa essere l’anno degli investimenti in capitale umano. L’anno nel quale tutto il Paese si mobilita per la ripresa scommettendo sui propri giovani e sulle loro competenze e i loro talenti. L’anno nel quale le imprese faranno uno sforzo particolare per immettere il maggior numero possibile di giovani lungo il percorso di inserimento lavorativo tracciato dalla riforma del mercato del lavoro.

Per ripartire, si potrebbe cominciare da qui. Da un investimento straordinario in capitale umano al quale concorrano tutte le forze del Paese e soprattutto le imprese. Perché se lo Stato da solo non può risolvere ogni problema, ciò non significa che non possano riuscirci gli italiani – soprattutto quelli più giovani – se sapremo affrontare uniti i problemi che abbiamo di fronte.

Avete ragione quando affermate che bisogna fare di più e meglio.

Sono il primo a dire che non basta enunciare per voi la speranza: occorre organizzarla; stimolare una creatività più fresca, una fantasia più liberante, la gioia turbinosa dell’iniziativa. Dobbiamo convincerci che per crescere occorre spalancare la finestra del futuro: progettando insieme, osando insieme, cambiando insieme.

Il mio governo ha fatto proprio della questione giovanile una priorità e sono sicuro che chiunque verrà dopo di noi dovrà impegnarsi per rendere più efficiente e moderno il sistema scolastico, le università, insieme a favorire l’accesso al mercato del lavoro.

Sono convinto che se ciò non verrà fatto, se non vi aprissimo nuove possibilità di occupazione, nuove opportunità di affermazione sociale, la partita del futuro è persa non solo per voi, ma per tutti.

Immaginare il futuro e renderlo possibile è la prerogativa indispensabile per ciascuno di noi. Per dare un senso al nostro percorso e per mordere il mondo con lo sguardo di chi sa vedere lontano.

I miei più sinceri auguri.

 

Il racconto della protesta

Da giorni e giorni si susseguono manifestazioni, proteste, occupazioni, autogestioni… Sui giornali si legge di tutto, ma noi come stiamo vivendo questi giorni di agitazione? Proviamo a raccontarci quello che sta succedendo nelle nostre scuole e come lo stiamo vivendo.

Incominciamo da Emanuela di Messina che in occasione dello sciopero di sabato ha scritto su Facebook:

“Lo sciopero di domani deve avere un senso. Prima di protestare contro le istituzioni, dobbiamo essere noi l’Istituzione con la i maiuscola. Prima di protestare dobbiamo renderci conto di quello che abbiamo fatto. Il motto di domani dovrà essere “ago ergo protesto”. Nel nostro piccolo, cos’abbiamo fatto? Se la risposta è positiva il senso vero della manifestazione sarà valido: nessuno ci può negare il futuro e gli strumenti per raggiungerlo. Nel caso in cui la risposta è negativa, domani deve essere il giorno dell’impegno. Ognuno può fare qualcosa. Perché siamo noi la scuola. Quella del Ministero è solo una forma, disastrata, questo è certo. Ma il cambiamento lo dobbiamo fare noi. E non si cambia qualcosa urlando contro dei muri, ma il cambiamento vero parte dai nostri banchi. Muniamoci di forza e coraggio!

Poi c’è Sofia di Lodi che scrive:

In questi giorni si è sentito parlare fin troppo di proteste organizzate da noi studenti, soprattutto per gli scontri violenti e inutili in cui sono sfociate. Sabato 24 novembre anche nella mia scuola, il liceo scientifico Giovanni Gandini con la sezione classica Pietro Verri, e in altre scuole di Lodi è stata organizzata una protesta, ma in giro per la città non si sono visti striscioni né cortei.

Ci siamo, invece, trovati nel cortile della nostra scuola per un’assemblea d’istituto autogestita, con l’approvazione del preside,  ma tenuta interamente da studenti. Il fine era quello  di informare sulle nuove riforme, di dare qualche idea sul perché si protesti e perché si debba farlo o meno, ma anche di discutere della nostra scuola, di cosa funzioni e di cosa no. Il microfono è passato nelle mani dei rappresentanti d’istituto e della consulta, di ragazzi che si erano appositamente informati e di chi, tra il pubblico, aveva qualcosa da dire.

Sicuramente non è stata perfetta, il preavviso era stato breve, ci sarebbe dovuta essere una maggiore preparazione da parte di chi ha parlato e un’organizzazione migliore del tempo (considerando che dopo due ore non si vedeva più nessuno al microfono e abbiamo dovuto aspettare la fine della mattinata).

Però credo sia un segno importante. Prima di tutto si è partiti dalla scuola vera e propria per parlare della scuola generale, di quello che sta cambiando. Poi perché non è stato un semplice momento di protesta in cui si urla contro tutto e tutti senza trovare un vero obiettivo, ma è stato almeno un tentativo di informazione vera.

Perché gli studenti stessi si sono accorti che andare in giro con uno striscione senza idee formate e personali che lo sostengano non porta a nulla.

Cerimonia di apertura dell’anno scolastico 2012-2013

In attesa del reseconto dell’evento che si è svolto questo pomeriggio al quirinale, pubblichiamo l’intervento di Napolitano che, nel presiedere la sua ultima cerimonia di apertura dell’anno scolastico da Presidente della Repubblica, ha voluto fare il punto su quanto fatto in materia di istruzione negli ultimi 7 anni.

“Saluto tutti i partecipanti a questa bella cerimonia e meritano un saluto e un augurio speciale le scuole delle zone colpite dal terremoto perché sono riuscite con grande impegno a iniziare comunque questo anno scolastico”. Così il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, ha aperto il suo messaggio di apertura dell’anno scolastico nella cerimonia svoltasi nel Cortile d’onore del Palazzo del Quirinale.

“Questa è la settima volta – ha continuato il Capo dello Stato – che ho il piacere di prendere parte alla festa per l’inaugurazione dell’anno scolastico e colgo quindi l’occasione per ringraziare a mia volta tutto il mondo dell’istruzione per le molte iniziative che abbiamo costruito insieme in diverse occasioni, sempre con calore e convinzione”.

“Il fatto che questo sia l’incontro con il mondo della scuola che precede di pochi mesi la conclusione del mio mandato di Presidente della Repubblica mi suggerisce qualche riflessione di fondo. Non ci si può abbandonare alla sfiducia nelle nostre possibilità, sottovalutando i progressi compiuti dall’Italia. Progressi straordinari anche nel campo dell’istruzione, se penso alle condizioni in cui eravamo quando cominciavo ad andare a scuola. Guardando ai cambiamenti nel corso degli ultimi anni, da quando sono diventato Presidente, vedo che l’istruzione italiana ha continuato a fare progressi in senso quantitativo e anche qualitativo. I progressi compiuti dimostrano come l’Italia possa farcela, possa migliorare quando si impegna con sforzi collettivi e condivisi. E tuttavia limiti e problemi persistono, ed è lungo il cammino da compiere per annullare alcune distanze rispetto ad altri paesi avanzati. Cosa è dunque necessario per far progredire ulteriormente la scuola italiana?” Richiamando l’intervento del Ministro Profumo il Presidente della Repubblica ha aggiunto che è essenziale rafforzare il rapporto tra “insegnanti, studenti e famiglie nella scuola”. Ma è anche necessaria al benessere dell’istruzione “una società che creda e pratichi la superiorità dell’istruirsi bene rispetto al contare sulla raccomandazione, un mondo del lavoro che contribuisca alla formazione dei giovani e premi le loro competenze, un’azione pubblica che riconosca il ruolo cardine dell’istruzione e in essa investa idee e risorse”.

“Ho potuto tuttavia rilevare – ha continuato il Capo dello Stato – con favore una certa costanza negli obiettivi perseguiti dai governi che si sono succeduti durante la mia presidenza. Penso, ad esempio, alla comune volontà di incentivare la qualità e il merito anche attraverso meccanismi sempre più estesi di valutazione. Riscontro una costante riaffermazione dell’obbiettivo di modernizzare la didattica rendendola più attraente per i giovani. Un’attenzione crescente delle politiche dell’istruzione è stata inoltre rivolta a ridurre i troppi squilibri fra le diverse parti del Paese, soprattutto fra Nord e Sud. La ridistribuzione di competenze e di capacità a favore delle zone più povere di mezzi e di saperi può rivelarsi sui tempi lunghi una strategia più ricca di risultati per il Mezzogiorno : molto meglio che distribuire sussidi, come si è per tanto tempo continuato a fare! Ma occorre anche che le competenze acquisite in queste aree rimaste indietro trovino rispondenza in una reale richiesta di lavoro qualificato. Dobbiamo costruire opportunità, dobbiamo farlo, perché questo è l’assillo di tutte le famiglie. Dobbiamo farlo se vogliamo limitare l’emigrazione dei giovani, in particolare dei giovani più ricchi di istruzione. In questi anni si è tentato di incentivare il ritorno dei cervelli emigrati e si è cercato di costruire per i ricercatori un ambiente più favorevole in patria. Mi auguro che si prosegua con decisione su questa strada, che non si facciano inversioni di marcia neanche in tempo di crisi. Un paese non può trascurare il suo capitale più importante : la conoscenza”.

“Nello stesso tempo – ha sottolineato il Presidente Napolitano – la scuola è anche, e molto, un’istituzione che educa alla cittadinanza, promuovendo la condivisione di quei valori sociali e civili che tengono unite le comunità vitali, le società democratiche”.

Il Capo dello Stato ha quindi ricordato che “tra i valori che la scuola ha cercato di promuovere con costanza e impegno in questi anni spicca il valore della legalità. Purtroppo, anche di recente la cronaca ci ha rivelato come nel disprezzo per la legalità si moltiplichino malversazioni e fenomeni di corruzione inimmaginabili, vergognosi. Non è questo un contesto accettabile per persone sensibili al bene comune, per cittadini onesti, né per chi voglia avviare un’impresa. Chi si preoccupa oggi giustamente per l’antipolitica deve sapere risanare in profondità la politica. E risanare la politica, far vincere la legalità si può! Così come si può far vincere la legge contro la mafia. Ce l’hanno dimostrato venti anni fa e li abbiamo ricordati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Ma la legalità si deve praticare a tutti i livelli, e dunque anche nel nostro piccolo mondo quotidiano. E nella vita scolastica legalità vuole dire rispetto delle sue regole, rispetto dei compagni, specie di quelli più deboli, e soprattutto, vorrei sottolinearlo, rispetto degli insegnanti che sono il cuore pulsante della scuola, e guai a indebolirlo. In questo grave momento di crisi per le famiglie italiane è importante che la scuola promuova e pratichi un altro fondamentale valore : quello della solidarietà, mostrandosi capace di stare al fianco di chi ha maggiori difficoltà, e anche di sollecitare gli interventi necessari sia al livello pubblico, sia al livello di privato sociale, di fondazioni ed enti privati”.

Il Presidente della Repubblica ha concluso il suo intervento ricordando che “in occasione delle celebrazioni per i 150 anni dell’Unità di Italia, la scuola italiana ha compiuto un’opera magnifica. Ha dato un contributo fondamentale per consolidare l’identità nazionale e incardinarla sui valori democratici della nostra Costituzione. Grazie ancora a tutti coloro che hanno reso possibile questa straordinaria impresa. Quelle nostre celebrazioni hanno coinciso col radicarsi di una grave crisi finanziaria e economica internazionale che ha colpito con durezza il nostro Paese. Ebbene, dobbiamo mettere a frutto il rinnovato sentimento di unità nazionale, scaturito da quel vasto movimento per il 150°. E insieme dobbiamo essere fino in fondo consapevoli di come le sorti dell’Italia siano legate a quelle dell’Europa. Anche nel mondo della scuola c’è bisogno di rafforzare la fiducia nell’Europa e nell’impegno comune per renderla più democratica e più forte. Al nuovo Presidente che verrà auguro, invece, di poter provare la stessa emozione e lo stesso piacere che ho avuto io a stare con voi in questi anni, e alla scuola italiana auguro tutto il bene di cui ha bisogno e che merita, assicurandovi che le resterò vicino”.

un'immagine del cortile del Quirinale durante la cerimonia di apertura dell'anno scolastico 2012-2013

20/9/2012, presentazione del X rapporto “Sicurezza, qualità e comfort nelle scuole” di Cittadinanzattiva

 

Cittadinanzattiva, 20 settembre, X rapporto “Sicurezza, qualità e comfort nelle scuole” + IV indagine “Conoscenza e percezione del rischio sismico”:

 

La mattinata si divide in due parti, la prima dedicata alle scuole, la seconda alla percezione dei rischi sul territorio. Alla presentazione del rapporto sulla sicurezza nelle scuole segue il dibattito con gli interventi di:

–         Mario Di Costanzo per il MIUR

–         Mariangela Bastico, senatrice PD, membro della Commissione Affari Costituzionali

–         Rosa De Pasquale, parlamentare PD, Commissione Cultura, Scienza ed Istruzione

–         Elena Centemero, parlamentare PDL, Commissione Cultura, Scienza ed Istruzione

–         Daniela Ruffino, sindaco PDL di Giaveno (TO), Responsabile settore scuola e formazione dell’ANCI (Associazione Nazionale Comuni Italiani)

I dati presentati dai rappresentanti di Cittadinanzattiva (scaricabili all’indirizzo http://www.cittadinanzattiva.it) sono poco rassicuranti. Solo il 24% delle scuole possiede tutte le certificazioni richieste (valutazione rischi, conformità antisismica, prevenzione incendi); varie strutture presentano segni di fatiscenza; palestre e giardini sono spesso assenti o versano in condizioni che li rendono impraticabili. Un buon segnale invece viene dalla cultura della sicurezza che pare essere in aumento (si fanno più prove d’evacuazione, cresce l’attenzione degli studenti alle procedure di sicurezza).

Tre sono i punti di particolare attenzione:

1)      L’anagrafe con i dati delle scuole italiane è ancora largamente incompleta: perché mancano i dati? Negligenza? O ci sono talmente tante strutture non a norma che è meglio non parlarne? Comunque il MIUR ha fatto due cose positive: l’apertura del portale “Scuola in chiaro” e la diffusione dei dati sull’edilizia scolastica nazionale pubblicati il 14 settembre scorso e qui consultabili: http://www.ilsole24ore.com/pdf2010/SoleOnLine5/_Oggetti_Correlati/Documenti/Notizie/2012/09/Anagrafe-nazionale.pdf?uuid=0fa27d66-fdd4-11e1-b576-5015a320f2d8.

Insomma. l’impegno del MIUR è apprezzato; ma l’emergenza è ancora forte.

2)      Questione fondi:

a)      di 1 miliardo di € destinati all’edilizia scolastica, oltre 200 mln sono stati impiegati bene nella ricostruzione delle scuole abruzzesi. Poi ne sono stati sbloccati un primo stralcio di 358 mln per interventi in 1706 scuole, ma solo 73 mln sono stati effettivamente spesi. Altri 400 mln per interventi in 1809 scuole sono ancora bloccati. Non si hanno notizie dei 114 mln a disposizione delle Commissioni di Camera e Senato, né dei 680 mln di fondi UE per le 4 regioni della cosiddetta “area della convergenza” (Campania, Puglia, Calabria, Sicilia).

b)      si propongono modalità per risparmiare denaro e ottenere altri fondi:

– 1500 edifici scolastici sono in affitto, è una spesa che lo Stato dovrebbe fare in modo di evitare

            – la piccola manutenzione deve essere affidata alle singole scuole

            – incoraggiare le sperimentazioni sul concorso di soggetti privati nelle spese

            – 8×1000 all’edilizia scolastica (così da recuperare fondi “dal basso”)

3)      Programmazione e controlli: servono interventi rapidi sulle priorità (per questo è fondamentale un’anagrafe aggiornata); c’è bisogno di una programmazione (quinquennale?) degli interventi, non servono più le opere occasionali “a spot”; la continuità nell’erogazione dei fondi deve essere assicurata (è stata invece più volte sospesa dal 1996 a oggi); va rivisto il numero massimo di alunni per aula; si dovrebbe inserire l’obbligo di controlli periodici da parte degli uffici tecnici comunali/provinciali (un po’ come fanno le ASL con le mense).

Il dibattito successivo è stato moderato da Domenico Iannacone, giornalista RAI autore di varie inchieste dopo la tragedia di san Giuliano di Puglia (31/10/2002). Dopo il suo intervento col racconto delle situazioni personalmente constatate di disagi organizzativi in varie scuole (soprattutto nel Meridione), si passa al dibattito. Mario Di Costanzo del MIUR: “L’anagrafe è avviata, ma i dati sono bloccati al 2009; i fondi  sono bloccati per vari motivi burocratici e tecnici; comunque il ministro Profumo sta uscendo dalla logica degli ‘interventi spot’, e ha previsto uno stanziamento di 80 mln di € per comuni e province”. Interviene Daniela Ruffino dell’ANCI: l’edilizia scolastica dovrebbe essere tolta dal patto di stabilità (qui una semplice spiegazione di cos’è il patto: http://viadeisalici.blog.tiscali.it/2010/11/05/patto-di-stabilita-ecco-spiegato-cose/), perché questo genera un’impasse negli interventi. Il resto del dibattito genera una serie di rimpalli abbastanza imbarazzanti tra Ministero che può intervenire fino a un certo punto, parlamentari che hanno visto alternarsi negli anni disposizioni effimere, Comuni che non hanno possibilità di intervenire per mancanza di fondi/autorizzazioni. Si è arrivati addirittura a parlare dell’annosa questione della carta igienica nelle scuole, cui deve provvedere l’ente responsabile della scuola (Comune/Provincia…) perché le scuole non possono assumersi la “manutenzione ordinaria”. Insomma, l’impressione è che le lungaggini burocratiche dominino, e che nessuno (MIUR, politica, Comuni) sappia assumersi le proprie responsabilità. La senatrice Mariangela Bastico, già Viceministro dell’Istruzione, è la più propositiva: bisogna applicare la legge Masini del ’96, che disciplina bene gli interventi in materia di edilizia scolastica; bisogna operare come nelle emergenze: in Emilia si sono ricostruite scuole in 45 giorni, con le stesse procedure si possono compiere tanti interventi urgenti.

Nella parte seguente viene presentato il rapporto sulla conoscenza dei rischi sul territorio. Qui non si parla solo di scuole, ma gli interventi sono francamente ben più concreti. I più interessanti: Franco Gabrielli, capo della Protezione Civile: “Dalle mie esperienze ho capito che in questo Paese vige la cultura del ‘speriamo non succeda’; bisogna passare alla cultura della consapevolezza. In Italia si pensa alla Protezione Civile come chi risolve le emergenze; non è così, anche se è capitato che lo fosse (vedi L’Aquila); è in realtà una delle tante organizzazioni di volontariato che sono ‘veicolo di contaminazione’ per diffondere la giusta attenzione civica”. Titti Postiglione, sempre della Protezione Civile: “Prevenzione e consapevolezza si vanno diffondendo, ma ancora troppo poco. Come incentivarle? Con la ‘partecipazione attiva’: nei Comuni, ad esempio, i cittadini vengano informati e coinvolti nella preparazione dei piani di sicurezza municipali (obbligatori). Importante fare rete tra associazioni per sollecitare la partecipazione attiva: in questo anche la scuola ha un ruolo, ma non si può delegare tutto alla scuola”. Daniela Occhiali, sindaco di Sant’Agata bolognese: “Abbiamo bisogno di due cose, come Comuni: regole e risorse. Impossibile fare piani se le regole cambiano sempre, se ogni due anni c’è una finanziaria; si sperperano troppi fondi, ad esempio con le nuove norme sul numero degli studenti bisognerebbe rifare tutte le porte delle scuole, con insostenibile spreco di risorse per il Comune”. Fausto Casini, presidente dell’ANPAS (Associazione Nazionale Pubbliche Assistenze): diffondere le conoscenze anche nelle scuole: non solo studiando moduli didattici ma creando eventi di comunità con altri enti affini alla scuola.

Le conclusioni di Cittadinanzattiva:

–         i “cittadini attivi” possono fare la differenza

–         troppe volte si è usato il condizionale nella mattinata: denota che l’edilizia scolastica non gode di interventi sicuri, ma di operazioni eventuali

–         sulla manutenzione ordinaria è ora di darsi una mossa

–         soddisfazione per la stabilizzazione di alcune buone prassi, come le prove d’evacuazione

–         dopo il rimpallo delle responsabilità tra politici, è chiaro: serve all’Italia non solo una “cultura della consapevolezza” (Gabrielli), ma anche una “cultura della responsabilità”

–         teoria della “broken window”: un edificio non curato è sintomo di poca cura per ciò che vi si svolge dentro

–         ancora troppe sono le barriere architettoniche per gli studenti disabili

Insomma, un flash di conclusioni: il parere della politica è troppo vago, mentre dal basso (Protezione Civile, comuni, movimenti territoriali…) ci sono persone con esperienze e contenuti veri per diffondere la sensibilità sull’edilizia scolastica e i rischi nel territorio. Anche per la nostra attività di associazione studentesca, una collaborazione con queste realtà potrebbe essere davvero interessante e proficua.

Fateci sapere i vostri pareri anche via Twitter, con l’hashtag #scuolesicure

Capire i conflitti, praticare la pace – Rondine

Vi proponiamo il progetto “Capire i conflitti, praticare la pace” realizzato da Rondine e che vede tra gli organizzatori anche il nostro Alessandro Garuglieri, già incaricato Msac per la Toscana.

Si tratta di una proposta di viaggio-studio sui luoghi della Prima Guerra Mondiale, per le scuole superiori (3° e 4°) e medie (3°), per far vivere una esperienza di formazione e di confronto sul tema del conflitto.
Oltre alle visite classiche a musei e luoghi di guerra, verranno realizzate attività formative e momenti di lavoro in gruppo per la classe e personale, e dopo due edizioni già realizzate abbiamo potuto constatare che i ragazzi tornano davvero con qualcosa di nuovo nel cuore. E’ una esperienza molto forte e bella, che si propone come una gita scolastica davvero costruttiva e formativa ma con la bellezza di una esperienza unica.

info: qui

 

Pronti?Via! – cosa ci aspetta alla ripresa della scuola

Neanche il tempo di preparare lo zaino ed ecco che una serie di provvedimenti in materia di istruzione sono approvati dal consiglio dei Ministri.

Gli interventi non riguardano solo le scuole: non si parla solo di docenti, del sistema di reclutamento, di valutazione, ma anche di università e dei nostri enti di ricerca. Potete leggere un resoconto degli interventi previsti cliccando qui.

Sarà un autunno caldo?

“Cari prof, non date mai meno di 4 agli studenti”

Alla MoCa di Aprile ne avevamo iniziato a parlare perchè è un tema caldo con cui a volte ci si scotta. Ci stiamo riferendo alla valutazione, anzi la cultura della valutazione! Avevamo iniziato una riflessione che è sicuramente da portare ancora avanti e da approfondire. Ecco allora che vi proponiamo la lettura di quest’articolo, apparso oggi su Repubblica e firmato dalla scrittrice ed insegnante Mariapia Veladiano. Aspettiamo i vostri commenti!

E poi bisogna anche parlare dei voti. Perché se i test non hanno vita felice qui da noi in Italia, e il perché lo ha raccontato per bene Stefano Bartezzaghi domenica, poi però tutti i test, proprio tutti, diventano numeri che danno idoneità, promozioni, accessi all’università o a selezioni. Sì e no ai nostri progetti di vita. Un test è un bivio: di qua o di là. Per questo non può essere sbagliato, sciatto, ambiguo. E anche quando è perfetto, è solo un puntino nello scorrere dei giorni e delle esperienze di una persona. Niente di più. Dovrebbe. Soprattutto a scuola, dove i test dilagano, importati all’ingrosso dal mito dell’oggettività del valutare. E diventano voto.
E allora parliamo del voto. E quindi della valutazione, della scuola che vogliamo, del mondo in cui viviamo. Tutto si tiene quando si parla di scuola e di ragazzi.
Dopo decenni ormai di letteratura sulla valutazione, il voto incendia sempre ancora le discussioni più scomposte. È così sovraccarico d’altro che quando è negativo per legge sparisce dai tabelloni finali, quasi che l’insufficienza a scuola sia stigma di insufficienza personale e umana di fronte all’universo mondo. E a volte, lo sappiamo, capita qualcosa che non può nemmeno essere nominato. Eppure i giornali devono scriverne. C’è chi, giovanissimo, prende un brutto, bruttissimo (troppo brutto?) voto a scuola e poi ci lascia. Lascia la sua vita.
Sotto quale cielo può capitare questo? Se la vita è altrove – sta scritto nei diari di scuola pieni di tutto: foto, ritagli, lettere, poesie, canzoni, fiocchi di regali, che sporgono colorati, di tutto tranne cose di scuola – allora perché il voto cattivo può per un momento magari, solo un momento, diventare il mondo che si rovescia addosso?
Dei ragazzi spesso non sappiamo nulla. Ostentano quel che non sono per nascondere meglio quel che vorrebbero essere. Dopo la tragedia si dice: ma come si fa? La scuola non può farsi carico di tutto. Ed è così.
Ma valutare è uno dei suoi compiti, serve a capire se il passo di chi insegna è giusto, se chi apprende lo sta facendo, a certificare al mondo che un percorso è compiuto davvero, che ci si può fidare, che quel diploma racconta ciò che i ragazzi sanno e sanno fare e che anche grazie a questo sapranno diventare quel che desiderano.
A scuola la valutazione incrocia tutto intero il tempo in cui i ragazzi esplorano ancora intatte tutte le loro possibilità, cercano conferme del loro valore, hanno paura di non trovarle. È la formazione del sé. Un momento benedetto. In cui ci vuole tempo, spazio per l’errore, e per rimediare all’errore. La valutazione degli apprendimenti, e oggi delle competenze, accompagna questo periodo e pur in una cornice che deve essere definita, chiara, rigorosa e comune, la scuola deve sempre sapere che la vita sorprende, che tutto può accadere, nel bene e nel male. Il voto è solo lo strumento che ci siamo dati per comunicare fra professori, ragazzi, famiglie, mondo. Non è nemmeno così necessario, almeno all’inizio. La scuola trentina prevede che nei primi quattro anni delle elementari i bambini siano valutati per aree di apprendimento.
Non ci sono voti per le singole discipline. A dire che il processo che porta un bambino ad avere gli strumenti per valorizzare le proprie attitudini è meravigliosamente unitario. E non ci sono i voti fino alla terza media. Ci sono giudizi. Articolati ma non bizantini, poche voci che dicono come e cosa è accaduto. Vien così meno la tentazione di quella contabilità lineare della valutazione che i ragazzi delle superiori consegnano a volte all’ultima pagina (il valore simbolico degli spazi!) dei loro diari: cinque più, sei e mezzo, quattro, sei = 5,44. Sarà sufficiente o no? Versione artigianale di certi fogli di excel che invece capita siano i professori a compilare. Ma lo sappiamo che questo non è valutare. Nella didattica modulare, se la verifica mostra che i contenuti del modulo sono stati fatti propri, il voto va a sostituire quello eventualmente negativo nella verifica precedente. Il modulo è appreso. Il brutto voto è rimediato. La recente riflessione sulla valutazione autentica chiede verifiche che mettono in gioco la scuola e la vita, e portano lo studente a misurarsi con quesiti di realtà.
Lo sappiamo ormai che la valutazione è un processo di osservazione, interazione, che chiede tempo e trasparenza e tanta tanta fiducia. Reciproca. Lo studente che si fida, perché ha visto già molte volte che tutto è equo e chiaro: richieste, criteri, modalità di recupero. L’insegnante che si fida dello studente, gli dà credito: di poter migliorare, poco a poco, perché la fiducia dell’altro attiva la fiducia in se stessi. Ai ragazzi la scuola importa, eccome. Nelle aule costruiscono la rete di fiducia in se stessi e negli altri che permetterà loro di resistere anche alle sconfitte.
Certo, poi alla fine c’è un voto. Una sintesi, un punto in cui si concentra tutto il processo. E allora, alla fine, si può parlare del voto. Al riparo dalla carica emotiva perché il voto è anche potere: quanta letteratura e quanta esperienza ce lo hanno raccontato? Al riparo dalla carica ideologica perché la scuola è oggi luogo di battaglia politica e nella furia del dibattere si vorrebbe far credere che i voti bassi aiutino la qualità e il merito.
Non è così. Il Trentino registra l’eccellenza nei test Invalsi e nelle indagini internazionali Ocse-Pisa. Eppure il Regolamento di valutazione della scuola trentina non permette voti sotto il 4 nelle pagelle delle superiori. Dietro c’è una riflessione pedagogica precisa: allo studente si dà un messaggio chiaro, sufficiente a bocciarlo se serve, niente di più.
E infatti poi il Regolamento impedisce quella finzione iniqua che è data dai sei necessari a essere ammessi all’esame di stato come invece capita nel resto dell’Italia. I 4 restano e fanno media vera. Trasparenza, anche qui. Perché la valutazione ha assoluto bisogno di avvenire in un contesto di giustizia. E allora i voti minuscoli, tre due- uno ( zero meno, in una fulminante battuta dei Peanuts) non sono necessari, non fanno bene e possono invece fare male. Inutile lasciarli visto che l’autonomia delle scuole permette altre strade condivise.
Questa è la scuola. Poi c’è il mondo. Se noi consegniamo ai ragazzi un mondo in cui la violenza delle parole, dei rapporti, dell’ingiustizia sociale è normale, accettata e inevitabile, in cui nei film, nei libri, nella realtà la violenza fisica è una strada possibile, quasi ordinaria di risposta all’offesa vera o presunta, o solo equivocata, allora certo un ragazzo può pensare che anche la frustrazione di un voto negativo può essere risolta con la violenza. Contro di sé. Anche il mondo c’entra, eccome. E così certamente no, la vita dei ragazzi non è mai altrove.