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-2 alla maturità

Mancano ormai pochissimi giorni all’inizio degli esami di maturità. La tensione piano piano comincia a crescere. A pochi giorni dalla maturità, il Ministro si racconta, parlando di esami, futuro, scuola e tecnologia.

E voi, come vi state preparando? di cosa vi piacerebbe parlare nella prima prova, cos’è che vi fa più paura? di cosa parleranno le vostre tesine? Raccontateci, raccontateci!

E buono studio!!

 

Lettera del ministro Profumo ai sindacati della scuola

Pubblichiamo qui di seguito la lettera che il ministro Profumo ha inviato ai sindacati della scuola: una risposta, forte, alle voci che in questi giorni si sono susseguite tra insegnanti, studenti e mondo della politica circa il ddl sul merito che il ministro dovrebbe presentare in Consiglio dei Ministri nei prossimi giorni.

Vi consigliamo di leggerla. Non appena uscirà il testo definitivo del ddl, non mancheremo dall’esprimere i nostri giudizi.

 

LA LETTERA

Care colleghe e cari colleghi,

per cultura e storia personale sono abituato a prestare la massima attenzione e a mettermi in ascolto quando parlano i rappresentanti dei lavoratori. Nella mia esperienza di cittadino, di docente e infine di Rettore ho incontrato tante volte il sindacato, e ho sempre cercato di farlo mettendomi dalla parte giusta: quella della coesione e della solidarietà nell’interesse generale. Tanto più, quindi, desidero ascoltare e interloquire con voi oggi che mi trovo a fare il ministro. Ho riflettuto sulle osservazioni e sulle critiche che avete voluto fare in questi giorni, sulla base di anticipazioni giornalistiche, ai provvedimenti sulla scuola e l’università che saranno da me proposti mercoledì in Consiglio dei ministri.

Desidero rassicurarvi e fugare uno ad uno tutti i dubbi da voi espressi, che mi sembrano nascere in realtà da una più generale paura che la scuola venga abbandonata a se stessa. Non lo sarà. Non da me, almeno. Non potrei nemmeno volendo – e non voglio – visto che nella scuola e nella formazione ho passato quasi tutta la mia vita, prima da studente e poi da professore, ma anche da marito di un’insegnante e da padre di tre figli.

Capisco però questi timori. La scuola italiana ha attraversato negli ultimi anni un periodo di grande difficoltà, fatto di tagli e di marginalizzazione rispetto all’agenda politica del paese. Di questa messa all’angolo la scuola ha sofferto molto, ed in primis i suoi lavoratori, che si sono sentiti feriti e colpiti.

Sin dall’inizio del mio mandato, però, tutto il mio lavoro è stato indirizzato ad invertire questa tendenza e a rimettere la scuola al centro dell’agenda del Paese. Perché sono fermamente convinto che la scuola, soprattutto in tempi di crisi economica, sia parte della soluzione e non del problema. E voglio anzi dire di più: senza di essa nessuna soluzione potrà mai funzionare.

Non sono solo parole, perché il governo ha già operato con grande concretezza in questa direzione. Nella prossima stagione, nonostante le difficoltà di bilancio, per la prima volta dopo sette anni consecutivi i cicli scolastici manterranno lo stesso organico del 2011-2012. Vi assicuro, non è stato semplice. Così come non è stato semplice  reperire un miliardo di fondi europei per il sud e principalmente per la scuola del bisogno. Ed ancora, scovare 117 milioni per cento scuole di “seconda occasione”, che offrono un’altra possibilità a chi ha abbandonato. Così come altri 400 milioni per gli asili nido, ancora al sud, in modo da dare cura all’infanzia e possibilità a molte donne di poter lavorare nel tessuto produttivo nazionale.

Non è mia intenzione rifugiarmi dietro un elenco notarile, che pure è costato tanta fatica e segnala una precisa scelta politica, per eludere il nodo da voi evidenziato. Mercoledì in Consiglio dei ministri non proporrò certo provvedimenti sul premio a chi si impegna nella scuola alternativi allo  sforzo, che invece deve essere sempre più intenso, per fare della scuola un mondo dove nessuno è lasciato indietro, a cominciare dai più deboli e svantaggiati. Questi provvedimenti li intendo invece come del tutto complementari. Così come prevede l’articolo 34 della nostra Costituzione. Mantenendo la giusta proporzione fra i diversi obiettivi: impegniamo qualche decina di milioni per le misure a favore dell’impegno nell’eccellenza, e più di un miliardo di euro per la scuola di tutti.

Questa è anche la logica che lega il nostro impegno per la scuola a quello per l’università, che pensiamo indissolubilmente congiunti. E’ in questa prospettiva, per esempio, che abbiamo previsto una presenza non occasionale dei docenti universitari nelle scuole e forme più efficaci di orientamento. Il tipo di scuola e di università che il governo intende promuovere non è quello dove vi è posto solo per i più bravi, ma al contrario quello dove la centralità della funzione didattica viene esaltata a vantaggio di  tutti. E questo lo si può fare solo se si concepiscono diritto allo studio e misure premio per chi si impegna di più come due facce della stessa medaglia di una scuola moderna, europea ed inclusiva. Per questo ho inteso lavorare in queste settimane prima ad un provvedimento sul potenziamento del diritto allo studio universitario, dove nell’appena pubblicato decreto legislativo n. 68 del 29 marzo 2012  le risorse disponibili sono passate da 110 milioni di euro a quasi 150, per poi proporre un pacchetto di misure premiali per chi si impegna nel sistema formativo, sia da studente sia da professore.

Non sempre è stato così, nella storia della cultura politica dei partiti e in quella sindacale, dove pure grande è l’attenzione per la coesione sociale e a non lasciare nessuno indietro. Questa esclusività e visione di due sistemi come alternativi poteva essere forse vera qualche decennio fa, in tutt’altro contesto economico e politico, prima della globalizzazione. Oggi non lo è più, ed è la stessa Europa – è stata la commissaria europea in visita a Roma a dirmelo con grande decisione – a volere da noi una modernizzazione della nostra visione della formazione.

Quel che stiamo facendo, però, non lo facciamo solo per l’Europa o perché qualcuno ce lo impone. Lo facciamo per un dovere di fedeltà alla nostra Costituzione e ai valori di eguaglianza, di dignità e di opportunità in essa sanciti. La rinuncia della scuola e dell’università italiane a valorizzare al suo interno i “capaci e meritevoli” rappresenta una scelta di fatto – anche se non di diritto – elitaria e discriminatoria proprio nei confronti dei più deboli. Se la scuola e l’università rinunciano a fornire a chi ne potrebbe usufruire e a chi si impegna in esse possibilità formative di “eccellenza”, di fatto le lascia alla pura forza di chi ha una famiglia alle spalle che se le possa permettere. L’antagonismo ideologico tra equità e merito non ha più ragion d’essere nel mondo globalizzato di oggi e si rivela sempre più una scelta di classe a favore dei ricchi, indipendentemente dal loro merito e dall’apporto che sapranno portare all’intero paese. La competizione di un volta tra sistemi nazionali è divenuta oggi anche competizione mondiale tra individui e noi italiani non possiamo fare a meno di confrontarci seriamente con questo passaggio d’epoca.

Lo ripeto: diritto allo studio e misure premio per chi si impegna di più sono due facce della stessa medaglia di una scuola moderna, europea ed inclusiva. Ne sono davvero convinto. Certo, non è un concetto di immediata intuizione, perché il diritto allo studio è universale, mentre il premio è per sua natura selettivo. Ma sono sicuro che, esaminando nel merito tutte le proposte, su cui sono sempre aperto al confronto, potrete riconoscere che la filosofia che le innerva non è quella di  un modello elitario e spietato,  bensì quello di una democrazia aperta e attenta soprattutto ai più deboli.  Solo così potremo fare il bene allo stesso tempo del nostro paese e dei nostri ragazzi. E a questo modello inclusivo ma flessibile intendo lavorare nei mesi che rimangono del mio incarico, spero con il vostro sostegno.

A presto

Francesco Profumo

 

#natividigitali

Venerdì 25 e sabato 26 maggio segui su Twitter l’hashtag #natividigitali, in occasione della Conferenza Nazionale Scuola dei nativi digitali organizzata dal PD con numerosi ospiti.

Tra i tanti, interverranno il ministro Francesco Profumo, il presidente Ipsos Nando Pagnoncelli, la direttrice Rai Scuola Silvia Calandrelli e Laura Bononcini di Google Italia.

 

Pasqua 2012 – Gli auguri del Ministro Francesco Profumo

Cari insegnanti, cari professori, cari ricercatori, cari studenti e cari genitori,

Nella ricorrenza delle festività pasquali, rivolgendo a tutti i miei più cordiali auguri di Buona Pasqua, desidero ringraziarvi per l’impegno che ognuno di voi sta dimostrando a favore della scuola, dell’università e della ricerca. Un impegno prezioso, che rappresenta un contributo decisivo affinché il nostro Paese si confermi all’altezza delle sfide che sta affrontando. Per vincerle, infatti, ritengo sia ineludibile rimettere l’istruzione e la formazione al centro dell’agenda politica del Paese. Come pure la ricerca e il trasferimento tecnologico.

Da tempo non è più così, ed è ora di invertire la rotta. Pensiamo alle sfide che ci pone la crisi economica: senza formazione non è possibile pensare un futuro di sviluppo. Allo stesso modo, senza considerare la scuola il necessario complemento a una visione moderna del mercato del lavoro non è possibile immaginare un suo ammodernamento: se il lavoratore è infatti una persona, e non solo un numero, le sue scelte professionali nascono già nel suo percorso formativo.

Questo è il senso del mio lavoro come Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca. Un lavoro che non potrebbe avere speranza di successo senza il vostro insostituibile apporto fatto di competenza, passione e fatica quotidiana. Per questo desidero ringraziarvi ancora, augurando a voi e alle vostre famiglie una serena Pasqua.

Francesco Profumo
Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca

Aperte le iscrizioni alla MoCa 2012

Roma, 20 marzo 2012

Ai segretari e agli assistenti diocesani  MSAC,

Alle équipe diocesane MSAC,

Ai vice-presidenti e Assistenti diocesani del settore giovani

e p.c. ai presidenti diocesani e ai consiglieri nazionali

 

Carissimi msacchini,

come vi va la vita? vi raggiungiamo con questa comunicazione per invitarvi ufficialmente al prossimo evento msacchino: la MoCa, il cantiere del movimento! L’appuntamento è per il 20-22 Aprile a Napoli e la scommessa è alta: parlare di abbandono e di dispersione scolastica, fenomeno diffusissimo in Italia che colpisce indiscriminatamente Nord e Sud, ma che vede la maggior incidenza proprio nelle regioni meridionali. Ecco spiegato anche perchè abbiamo scelto Napoli come luogo per il nostro convegno di Aprile.

Il titolo del convegno sarà “Se mi lasci non vale”: le statistiche e i dati recentemente appari sui giornali sono a dir poco preoccupanti. Ecco perchè abbiamo scelto di occuparci di questo tema: per prenderne coscienza, indagarne le cause, capirne gli effetti. Allo stesso tempo, mantenendo invariate le caratteriste del cantiere del movimento, che ci vuole sempre con le mani bene in pasta, pronti a formulare proposte ed elaborare idee, ci piacerebbe provare ad individuare alcune ambiti su cui la scuola dovrebbe investire di più perché crediamo fortemente in una scuola che sia palestra di vita, di democrazia, che ci educhi alla legalità, al rispetto e all’accoglienza del prossimo, che ci insegni ad amare la cultura e dia un senso e del sapore al nostro studio.  Noi non vogliamo una scuola che, come scriveva don Milani, curi i sani e respinga i malati, ma crediamo e sogniamo una scuola che sappia davvero accompagnare noi ragazzi durante il percorso di crescita e di maturazione. Crediamo in una scuola da non abbandonare!

In particolare, i nostri “cantieri” (i laboratori su cui lavoreremo) affronteranno i temi dell’ORIENTAMENTO, della CULTURA DELLA VALUTAZIONE e del sogno di avere SCUOLE APERTE al pomeriggio che possano rappresentare un vero centro civico e culturale all’interno della città. Abbiamo individuato questi ambiti perchè crediamo che agendo su di essi sia possibile mettere un freno, almeno in parte, a dei fenomeni tanto complessi e diffusi come l’abbandono e la dispersione.

Chiederemo l’aiuto di esperti e tecnici ministeriali in ciascuno dei tre ambiti, per poi confrontarci con Francesco Profumo, Ministro dell’Istruzione.

Inoltre la MoCa, sarà un’ottima occasione per fare un po’ di formazione specifica ai referenti legislativi di cui stiamo raccogliendo i contatti (siamo a buon punto, ma mancano ancora alcuni nominativi) e per aggiornare tutti quanti sull’andamento dei lavori ai tavoli istituiti presso il ministero e che vedono il MSAC, come anche le altre associazioni studentesche, impegnato a   fornire importanti contributi sulla base di quanto proposto ed elaborato dai circoli stessi durante gli anni.

Ci aspetta allora un cantiere zeppo di idee e di progetti, ma soprattutto zeppo di sogni. In allegato, troverete il programma (che sarà aggiornato costantemente sul sito del MSAC, ci sono infatti ancora alcune cose da definire), le note tecniche e la scheda di iscrizione. Inoltre per non arrivare del tutto impreparati sul tema che affronteremo alla MoCa, vi inviamo anche una scheda che spiega come fare voi stessi un sondaggio sul vostro territorio per capire quali sono i tassi di abbandono e dispersione nelle vostre scuole. I dati che otterrete saranno poi confrontati con quelli elaborati dagli altri circoli e sarà possibile confrontarli con quelli ufficiali forniti dal Ministero.

In attesa allora di riabbracciarvi a Napoli a fine Aprile vi raccomandiamo di iscrivervi numerosi (potrà essere l’occasione anche per “contagiare” di MSAC le diocesi che ancora non conoscono il movimento) e vi auguriamo un buon tempo di quaresima.

Elena e l’équipe nazionale MSAC

Potete scaricare la lettera d’invito, il programma, le note tecniche, la scheda di iscrizione e l’indagine da fare nelle vostre scuole cliccando qui

E’ online il nuovo sito del MSAC

 

 

Negli ultimi mesi avrete potuto notare come di fatto questo blog fosse diventato il canale preferenziale di comunicazione tramite web e avesse, in qualche modo, tentato di svolgere le stesse funzioni del sito (con più o meno successo), questo perché un nuovo sito era in costruzione. Ora è pronto e funzionante e consultabile! vi chiediamo ancora un po’ di pazienza perché per trasferire tutti i contenuti del vecchio sito ci vorrà un po’, ma le news, le comunicazioni, le schede  e i materiali saranno immediatamente visibili e fruibili da tutti.

Naturalmente, continuate a visitare e a commentare questo blog che può finalmente tornare a svolgere la funzione per cui era nato cioè: essere una “piazza telematica” interamente dedicata a riflettere insieme sulle tematiche in discussione al Forum delle Associazioni Studentesche presso il Ministero della Pubblica Istruzione.

Arrivederci, Presidente!

Nota della presidenza nazionale Ac:

“Con profonda commozione la Presidenza nazionale e l’Azione cattolica italiana tutta rendono omaggio alla figura di Oscar Luigi Scalfano, indimenticato Presidente della Repubblica italiana e da sempre socio dell’associazione, di cui fieramente portava il distintivo.

È stato un grande protagonista della vita politica democratica della nazione italiana, vogliamo ricordarlo soprattutto come cristiano, uomo dalla fede limpida e dalla testimonianza coerente e rigorosa. Nella sua lunga vita ha avuto due riferimenti costanti: il Vangelo e la Costituzione. Proprio alla luce di questi punti fermi del suo cammino di credente e di politico, ha vissuto la sua esperienza di uomo delle istituzioni fronteggiando con fermezza coerente e lineare momenti tra i più difficili della storia italiana.

L’Azione cattolica italiana ricorda la sua vicinanza alla vita dell’associazione, che si è manifestata più volte in incontri al Quirinale e nella partecipazione ad alcuni appuntamenti nazionali e locali dell’associazione. E ricorda, ancora, la sua grande umanità, il suo rispetto per l’altro, il suo amore per gli ultimi.
Alla figlia Marianna l’amicizia e la vicinanza, nella preghiera, di una associazione che non dimenticherà mai il suo illustre socio”.

Di seguito trovare l’ultima intervista rilasciata dal Presidente Scalfaro ai giovani dell’Associazione.

 

Intervento del Presidente Napolitano in occasione della celebrazione del Giorno della Memoria

Pubblichiamo qui di seguito l’intervento del Presidente Napolitano in occasione della celebrazione del Giorno della Memoria

Palazzo del Quirinale, 27/01/2012

Signori rappresentati del Parlamento e del governo,
Autorità,
Ragazze e Ragazzi,
Cari Ettore Scola e Gabriele Lavia,
Signore e Signori,

Sono lieto di accogliere ancora una volta i rappresentanti delle vittime dell’Olocausto e delle Comunità ebraiche e insieme con loro i rappresentanti dei deportati italiani nei campi nazisti, alcuni dei quali abbiamo poco fa salutato e onorato.

La Giornata della Memoria che abbiamo celebrato oggi è tra le più intense di questi ultimi anni. Per la forza politica e morale dei contributi del ministro Profumo e del Presidente Gattegna. Per le genuine, appassionate testimonianze degli studenti. Per il quadro ricco come non mai, che qui si è riflesso, delle iniziative indette, in tutto il paese ; per il valore – in particolare – di realizzazioni come quella della mostra del Vittoriano sui ghetti nazisti in Polonia o come quella dell’elenco, reso accessibile online, degli oltre settemila cittadini ebrei vittime della persecuzione nazifascista in Italia durante la Repubblica sociale e l’occupazione tedesca. Insomma, il ricordo della Shoah come tragedia dell’Europa sta toccando livelli sempre più alti di consapevole partecipazione nel nostro Paese. Dobbiamo dire che a ciò ha certamente concorso l’istituzione per legge della Giornata della Memoria, per l’impulso che ha suscitato e propagato, in Italia, nelle istituzioni, nella scuola, nell’informazione, nella coscienza pubblica e in special modo tra le giovani generazioni.

E’ stato bello ascoltare il racconto che il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, il prof. Profumo, ci ha presentato del viaggio compiuto ad Auschwitz con oltre 180 studentesse e studenti. “Nessuno, dopo questo viaggio” – egli ci ha detto – “è più lo stesso”. Vissi anch’io la stessa commozione quando visitai Auschwitz diciotto anni fa insieme con Giovanni Spadolini in rappresentanza del Parlamento italiano. Ed importante è stato il coronamento dell’omaggio ad Auschwitz in questi giorni con la firma del Protocollo tra il Ministero dell’Istruzione e l’Unione delle Comunità ebraiche italiane per fare della nostra scuola ancor più compiutamente “una scuola di memoria”. Questo impegno rappresenta il miglior antidoto a quei rigurgiti di negazionismo e antisemitismo, di intolleranza e di violenza che il ministro ha denunciato come fenomeni, per quanto marginali, da stroncare sul nascere.

Ringrazio il Presidente Gattegna per i riconoscimenti che mi ha rivolto. Quando ho giurato da Presidente, l’ho fatto sapendo che il mio dovere e il mio sentimento mi conducevano a riflessioni, prese di posizione e sollecitazioni motivate e inequivoche contro l’antisemitismo in ogni suo travestimento, contro il razzismo, contro ogni violazione del principio di pari dignità ed eguaglianza davanti alla legge. Lo dice l’articolo 2 della Costituzione italiana. Lo dice l’articolo 2 del Trattato sull’Unione europea. Rileggiamolo :
“L’Unione si fonda sui valori del rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani, compresi i diritti delle persone appartenenti a minoranze. Questi valori sono comuni agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discriminazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini.”

Si, l’Europa è questo. Non dimentichiamocene sol perché la nostra attenzione è oggi spasmodicamente concentrata sulla grave crisi finanziaria ed economica in atto da tre anni, sull’emergenza che ha investito l’Eurozona, sulle quotazioni, giorno per giorno, dei titoli del debito pubblico. Dobbiamo fare i conti con queste assillanti realtà, ma non perdiamo di vista il senso e i valori della costruzione europea. Le ragioni del nostro stare insieme sono lì, in quel fondamento di pace e di civiltà su cui l’Europa ha trovato la sua unità ed è chiamata a far leva per il suo futuro.

Il Cancelliere tedesco Signora Merkel ha parlato ieri – in un’importante intervista – del suo sentimento dell’Europa, “un continente col quale si può contribuire a plasmare il mondo”, nel segno della dignità dell’uomo, di molteplici libertà e dello sviluppo sostenibile. Ella ha parlato, in termini che condivido e apprezzo, della sua visione dell’Europa come “Unione politica”. E con una frase molto forte ha aggiunto : “L’Europa è la nostra fortuna… Se non avessimo l’Europa, forse anche la nostra generazione si farebbe la guerra”. Si, ed ecco perché occorre essere vigilanti e fermi contro ogni ricaduta nel nazionalismo, nella ricerca del nemico, nel rifiuto del diverso.

L’amico Gattegna ha ricordato come l’unità europea sia nata anche dai percorsi di riesame critico, da parte della Germania e dell’Italia, delle scelte politiche e dei comportamenti tenuti negli anni Trenta e Quaranta.

Il primo a rivolgersi ai tedeschi perché apprendessero l’estremo orrore del nazismo fu, con i suoi radiomessaggi dall’America, un grande tedesco costretto all’esilio. Il 14 gennaio del 1945, mentre Hitler teneva ancora nella distruzione e nella menzogna una Germania sull’orlo della disfatta, Thomas Mann rivelò agli ascoltatori tedeschi che gli inviati della neutrale Svizzera, in missione umanitaria, avevano potuto vedere, prima che con la liberazione se ne aprissero i cancelli, i campi di Auschwitz e Birkenau, dove nel giro di un anno tra il ’43 e il ’44 erano stati uccisi 1.715.000 ebrei. E videro, quegli inviati svizzeri, disse Mann, “quello che nessun uomo sensibile è disposto a credere, se non l’ha visto con i propri occhi”. Lo avrebbe visto con i propri occhi, come ci ha detto pochi minuti fa, Beatrice insieme con gli altri studenti che hanno partecipato al viaggio nella memoria.

Dopo che quello sterminio e la guerra furono finiti, il percorso autocritico fu intrapreso e portato avanti in Germania. E l’immagine più alta che ne fu trasmessa al mondo, è quella, rimasta in me impressa per sempre, di un grande uomo politico e di governo tedesco, Willy Brandt, che a Varsavia nel 1970 si piegò in ginocchio dinanzi al monumento alle vittime del Ghetto – lui che aveva combattuto contro il nazismo prendendo su di sé la croce del chiedere perdono a nome della Germania.

Noi italiani chiudemmo i conti con il nazifascismo e con il nostro passato più buio combattendo la guerra di Liberazione e dandoci la Costituzione repubblicana. Ma non abbiamo smesso di cercare e diffondere la verità, guidati anche dalla grande luce della testimonianza e del messaggio di Primo Levi. E su misfatti come quello delle leggi razziali del 1938 e della loro applicazione, abbiamo fatto conoscere la dura verità, negli ultimi anni come non mai.

Signore e Signori, cari ragazzi e ragazze, il significato più ampio di questa Giornata della Memoria lo ha nobilmente dichiarato qui il Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche quando ci ha detto : “Ferme restando le specificità della Shoah, che fu il tentativo di realizzare il genocidio perfetto … questa deve essere la occasione di una riflessione condivisa che abbracci anche tutte le altre vittime di quella tragedia” : oltre che gli oppositori politici, “gli omosessuali, i disabili fisici e mentali, le popolazioni rom e sinti”. Di qui la lezione che ho sentito ieri risuonare nelle parole di un alto magistrato – il Procuratore Generale della Corte di Cassazione – nella cerimonia per l’inaugurazione dell’Anno Giudiziario. Parole severe per bollare qualsiasi alibi si possa accampare per “legittimare l’oblio” – così egli si è espresso – “di quelli che vengono definiti diritti sottili o diritti degli ultimi”, quegli ultimi, quei deboli già evocati in triste sequenza da Gattegna. Per fortuna, è stata la conclusione del magistrato, si è affermata “la tutela sopranazionale dei diritti umani e delle libertà fondamentali”, la cultura del “diritto in grado di imporsi ai governi delle Nazioni”, e quindi la storica conquista della “creazione di una giurisprudenza comune dei diritti umani”.

Coltivare queste conquiste, contro ogni regressione, è il modo più giusto e fecondo di rendere omaggio alla memoria delle vittime della Shoah, al sacrificio, alla resistenza, alla rinascita dei popolo ebraico.

 

Per non dimenticare. Mai.

 

Nei giorni in cui facciamo memoria della Shoah e di tutti gli stermini dovuti a motivi etnici e razziali, l’Ac ripropone un testo storico di Primo Levi e una riflessione di Gianni Di Santo sulla musica che nasce dal cuore di chi ha sofferto

Dall’Appendice di “Se questo è un uomo”, Primo Levi, Einaudi, edizione novembre 1976

“Forse, quanto è avvenuto non si può comprendere, anzi, non si deve comprendere, perché comprendere è quasi giustificare. Mi spiego: ‘comprendere’ un proponimento o un comportamento umano significa (anche etimologicamente) contenerlo, contenerne l’autore, mettersi al suo posto, identificarsi con lui. Ora, nessun uomo normale potrà mai identificarsi con Hitler, Himmler, Goebbels, Eichmann e infiniti altri. Questo ci sgomenta, ed insieme ci porta sollievo: perché forse è desiderabile che le loro parole (ed anche, purtroppo, le loro opere) non ci riescano più comprensibili. Sono parole ed opere non umane, anzi, contro-umane, senza precedenti storici, a stento paragonabili alle vicende più crudeli della lotta biologica per l’esistenza. A questa lotta può essere ricondotta la guerra: ma Auschwitz non ha nulla a che vedere con la guerra, non ne è un episodio, non ne è una forma estrema. La guerra è un terribile fatto di sempre: è deprecabile ma è in noi, ha una sua razionalità, la ‘comprendiamo’.

Ma nell’odio nazista non c’è razionalità: è un odio che non è in noi, è fuori dell’uomo, è un frutto velenoso nato dal tronco funesto del fascismo, ma è fuori ed oltre il fascismo stesso. Non possiamo capirlo; ma possiamo e dobbiamo capire di dove nasce, e stare in guardia. Se comprendere è impossibile, conoscere è necessario, perché ciò che è accaduto può ritornare, le coscienze possono nuovamente essere sedotte ed oscurate: anche le nostre.

Per questo, meditare su quanto è avvenuto è un dovere di tutti. Tutti devono sapere, o ricordare, che Hitler e Mussolini, quando parlavano pubblicamente, venivano creduti, applauditi, ammirati, adorati come dèi. Erano ‘capi carismatici’, possedevano un segreto potere di seduzione che non procedeva dalla credibilità o dalla giustezza delle cose che dicevano, ma dal modo suggestivo con cui le dicevano, dalla loro eloquenza, dalla loro arte istrionica, forse istintiva, forse pazientemente esercitata e appresa. Le idee che proclamavano non erano sempre le stesse, e in generale erano aberranti, o sciocche, o crudeli; eppure vennero osannati, e seguiti fino alla loro morte da milioni di fedeli. Bisogna ricordare che questi fedeli, e fra questi anche i diligenti esecutori di ordini disumani, non erano aguzzini nati, non erano (salve poche eccezioni) dei mostri: erano uomini qualunque. I mostri esistono, ma sono troppo pochi per essere veramente pericolosi; sono più pericolosi gli uomini comuni, i funzionari pronti a credere e ad obbedire senza discutere, come Eichmann, come Hòss comandante di Auschwitz, come Stangl comandante di Treblinka, come i militari francesi di vent’anni dopo, massacratori in Algeria, come i militari americani di trent’anni dopo, massacratori in Vietnam.

Occorre dunque essere diffidenti con chi cerca di convincerci con strumenti diversi dalla ragione, ossia con i capi carismatici: dobbiamo essere cauti nel delegare ad altri il nostro giudizio e la nostra volontà. Poiché è difficile distinguere i profeti veri dai falsi, è bene avere in sospetto tutti i profeti; è meglio rinunciare alle verità rivelate, anche se ci esaltano per la loro semplicità e il loro splendore, anche se le troviamo comode perché si acquistano gratis. È meglio accontentarsi di altre verità più modeste e meno entusiasmanti, quelle che si conquistano faticosamente, a poco a poco e senza scorciatoie, con lo studio, la discussione e il ragionamento, e che possono essere verificate e dimostrate.

È chiaro che questa ricetta è troppo semplice per bastare in tutti i casi: un nuovo fascismo, col suo strascico di intolleranza, di sopraffazione e di servitù, può nascere fuori del nostro Paese ed esservi importato, magari in punta di piedi e facendosi chiamare con altri nomi; oppure può scatenarsi dall’interno con una violenza tale da sbaragliare tutti i ripari. Allora i consigli di saggezza non servono più, e bisogna trovare la forza di resistere: anche in questo, la memoria di quanto è avvenuto nel cuore dell’Europa, e non molto tempo addietro, può essere di sostegno e di ammonimento”.

Senza confini. Ebrei e zingari nella Giornata della Memoria. Gianni Di Santo

Il violino di Ion Stănescu sembra uscito fuori da quella banda multiculturale che ha reso grande uno dei film più belli dello scorso anno, Il Concerto. È davvero pazzesco il suono del suo violino. Moni Ovadia racconta che l’unica spiegazione a tale virtuosismo incredibile risiede nel fatto che solo i popoli esiliati e perseguitati, chi ha percepito il dolore sulla propria pelle, possono avere questa forza propulsiva che gli esce fuori dall’anima, così, all’improvviso.

Ebrei e rom, in ciò, sono maestri. Lui, Stănescu, madre rom e padre ebreo, lo trovi primo violino nelle grandi orchestre sinfoniche della musica ungherese e rumena, così come, con il cappello in mano, a suonare musica nelle strade e nelle metropolitane delle nostre città. Solo per il piacere della musica. Così come Marian Serban, al cymbalon, altro strano strumento nato dal pianoforte ma dal suono percussivo-melodico. Marian ne è maestro: ascoltarlo nelle piazze romane è un godimento. Come folgoranti e molto gipsy sono le note di Albert Florian Mihai su una fisarmonica suonata a una velocità strabiliante, con variazioni jazzistiche e uso dei tempi dispari che fanno arrossire tanti musicisti molto più famosi di lui.

Insomma, la musica. Perché la musica, quella vera che interroga l’anima e percorre i cammini dei popoli, è una delle arti “spiritualmente nobili” che restituisce al mondo l’amore per la verità storica. Senza confini. Ebrei e zingari, il concerto-spettacolo di Moni Ovadia con la sua orchestra itinerante e sgangherata fatta di rom, ebrei e italiani in bilico tra Antico Testamento e terre del Sud, è un piccolo ma appassionato contributo alla battaglia contro ogni razzismo. Nella Giornata della Memoria, una sorta di testamento biologico. Andrebbe proiettato nelle scuole. Rom ed ebrei, i due popoli fratelli, a lungo hanno marciato fianco a fianco nella sorte, ma dopo la persecuzione nazista, le strade si sono divise. Gli ebrei hanno cambiato in meglio la loro storia, il popolo rom invece molto spesso continua a subire il calvario del pregiudizio, dell’emarginazione.

Uno spettacolo da non perdere. Un contributo sonoro che è un omaggio al gusto della libertà e alla storia, troppo spesso enunciata e poco praticata, dei diritti umani. Per una Giornata della Memoria più equa e rispettosa delle vicende storiche dell’ultimo secolo.

Un miracolo che, a volte, solo la musica riesce a fare.

Gianni Di Santo